Previdenza

Sacconi e Damiano: stop all’innalzamento dell’età

di Davide Colombo

Il Governo con la prossima legge di Bilancio deve bloccare l’attuale meccanismo di adeguamento dell’età della pensione di vecchiaia e anticipata all’aspettativa di vita. Lo chiedono, facendosi interpreti anche di sollecitazioni giunte dal mondo sindacale, Cesare Damiano (Pd) e Maurizio Sacconi (Epi), due ex ministri del Lavoro e attualmente presidenti, rispettivamente, delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato.

In base agli scenari demografici Istat a gennaio 2019 l’età per la pensione di vecchiaia salirebbe da 66 anni e 7 mesi a 67 anni. Poi si andrebbe a 67 anni e 3 mesi nel 2021, 68 anni e 1 mese nel 2031, 68 anni e 11 mesi nel 2041, 69 anni e 9 mesi nel 2051.

La proposta dei presidenti è invece per «un rinvio strutturale dell’adeguamento dell’età di pensione all’aspettativa di vita» spiega Damiano. Far scattare l’aumento sarebbe «inconcepibile», ha spiegato. La proposta è perciò inserire nella manovra, con la relativa copertura, una norma per allungare l’adeguamento (ad esempio a cinque anni contro gli attuali tre; due dal 2021) o evitare lo scatto nel 2019. «Siamo una strana coppia» ha scherzato Sacconi in conferenza stampa. «Abbiamo opinioni diverse per molte cose, ma questa situazione emergenziale ci ha spinto ad agire insieme per dire che quando è troppo è troppo» ha aggiunto il senatore che introdusse questo misura nel 2009. In Europa, hanno fatto notare Sacconi e Damiano, non ci sono casi comparabili a quello italiano: in Austria l’età per la pensione è di 65 anni per gli uomini e 60 per le donne; in Belgio e in Danimarca è 65 anni per tutti; nel Regno Unito 65 anni (ma a partire da novembre 2018); in Germania si arriverà a 67 anni solo nel 2029.

Secondo Damiano, è necessario «affrontare tempestivamente in termini unitari questo argomento molto caldo, che riguarda la vita dei cittadini», anche perché «è estremamente contraddittorio» che si sia fatta una battaglia per la flessibilità con l’introduzione dell’Ape e insieme ci sia un innalzamento automatico dell’età della pensione: «È un andamento a zig zag inconcepibile». In passato si è parlato di «scale, scalini e scaloni - ha detto Sacconi - ma qui c’è solo un salto, che penalizza le donne più degli uomini, dal momento che sono condannate alla pensione di vecchiaia». Ieri intanto tecnici del Governo e sindacati si sono incontrati per proseguire il confronto previsto dal verbale d’intesa del settembre scorso sulla previdenza. Un vertice nel quale il Governo non ha preso posizione sulla questione posta da damiano e sacconi e che è servito per fare una ricognizione sui punti fissati nella “fase due” del verbale e che spaziano dalla pensione di garanzia contributiva per i giovani alle nuove regole da individuare per rendere più agevole l’accesso alla pensione complementare. L’impegno del governo è di garantire la piena applilazione delle misure previste nella “fase 1” del documento, con l’attuazione dell’Ape nelle sue tre forme (è atteso in settimana in parere del Consiglio di Stato sul Dpcm dell’Ape volontaria) mentre sulla “fase 2” per il momento non sono state presentate ipotesi di intervento già strutturate. Il governo starebbe studiando - stando a quanto è circolato dopo l’incontro - meccanismi per agevolare l’uscita delle donne attraverso l’Ape Sociale. Si potrebbero valutare “sconti” contributivi per le lavoratrici basati sui periodi di cura, assistenza e maternità, all’interno del meccanismo dell’anticipo pensionistico. L’obiettivo dell'operazione sarebbe quello di ridurre le disparità di genere sul fronte previdenziale.

La dinamica della spesa previdenziale

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©