Previdenza

La risorsa del «riscatto» ora ha più appeal

di Antonello Orlando

Per i giovani che si interrogano a proposito dell’impatto del proprio percorso lavorativo sulla futura pensione, il 2017 sembra rivelarsi un anno positivo.

In prima battuta grazie al cumulo dei contributi, la cui formula è stata rinnovata dalla legge di Bilancio per il 2017 (legge 232/2016) che ha completamente ridisegnato il meccanismo introdotto dalla legge di Stabilità del 2013 (legge 228/2012).

Questa norma risponde alla pressante esigenza di non penalizzare chi, per esigenze diverse, si ritrova a collezionare nella propria carriera più forme di lavoro e, conseguentemente, di contribuzione.

La platea di interessati è vasta e spazia dai lavoratori dipendenti alle partita Iva, dagli impiegati del settore pubblico agli imprenditori, passando anche per i lavoratori pagati con i voucher ora in via di abolizione, fino ad arrivare a chi siede in un consiglio di amministrazione o guadagna l’accesso a una Cassa professionale come iscritto a un Albo.

Fino al 2016 mettere in comunicazione i diversi spezzoni di carriera contributiva risultava quasi sempre oneroso (con il meccanismo della ricongiunzione delle leggi 29/1979 e 45/1990) oppure costringeva ad adottare metodi di calcolo pensionistici meno favorevoli (come nel caso della totalizzazione contributiva, ai sensi del decreto legislativo 42/2006).

Cumulo e riscatto laurea

Il nuovo cumulo, invece, in via del tutto gratuita consente a chi ha sperimentato forme diverse di lavoro di assicurarsi un’unica pensione (non solo di vecchiaia o invalidità, ma anche di anzianità contributiva) e senza alcuna penalizzazione economica (ogni ente pensionistico liquiderà il proprio segmento secondo il metodo in uso pro quota).

Per anticipare l’accesso alla pensione gioca inoltre un ruolo positivo il riscatto della durata legale del corso di laurea ai sensi del decreto legislativo 184/1997; l’operazione comporta il pagamento di un onere di riscatto, dilazionabile in 120 rate mensili senza applicazione di interessi e con il beneficio della completa deducibilità fiscale di quanto pagato annualmente.

Dal momento che il costo del riscatto è legato anche alla retribuzione percepita al momento della richiesta, un ulteriore risparmio sarà raggiunto da chi attiverà l’opzione prima di avere intrapreso una qualsiasi attività lavorativa (quindi in status di inoccupazione): il costo del riscatto sarà pari a poco più di 5.100 euro per ogni anno di studio, anche se, durante il pagamento delle rate, il richiedente avvierà un’attività lavorativa.

Visto l’incremento dei requisiti pensionistici a opera dell’adeguamento alla speranza di vita, un aumento di quattro o cinque anni della posizione contributiva continua dunque a essere un buon investimento a lungo termine.

Va poi considerato che, ai livelli più alti di avanzamento della carriera, per chi avrà iniziato a versare contributi dopo il 1995 senza riscattare periodi pregressi, le gestioni Inps pongono un massimale di base contributiva di 100.324 euro, comportando nella futura pensione un tasso di sostituzione più basso rispetto alle ultime retribuzioni percepite.

Secondo pilastro

Rimane quindi sempre più consigliabile formare un secondo polo di risparmio previdenziale grazie alle agevolazioni fiscali previste per chi investe in previdenza complementare: per i contribuenti con anzianità contributiva elevate, le prestazioni che saranno erogate dai fondi di previdenza sconteranno infatti una tassazione sostitutiva che arriva fino al 9 per cento.

Chance dalla detassazione

Tra le novità introdotte dalla manovra per il 2017, si deve infine ricordare che i dipendenti che sceglieranno di convertire i propri premi di produttività in contributi destinati ai fondi di previdenza complementare, usufruiranno di una totale esenzione fiscale che si allargherà anche oltre la soglia di 5.164 euro annui. Senza contare che il beneficio continuerà a essere mantenuto anche al momento del godimento delle prestazioni erogate dai relativi fondi che rimarranno esenti nella quota connessa ai contributi “convertiti”, costituendo una forma a lungo raggio di welfare aziendale.

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