Previdenza

Cassa forense, cumulo per la vecchiaia con i requisiti più alti

di Fabio Venanzi

A distanza di un mese e mezzo dall’estensione del cumulo gratuito ai libero professionisti, le prime indicazioni arrivano dalla Cassa forense. Con la circolare 1 di lunedì scorso, in attesa di chiarimenti ministeriali, vengono fornite le prime, parziali, indicazioni.

La legge di bilancio 2017 (la 232/2016) ha esteso la possibilità di ricorrere al cumulo gratuito dei contributi anche ai lavoratori iscritti alle Casse professionali che, fino al 31 dicembre 2016, non avevano tale possibilità. La domanda di cumulo, al pari delle altre gestioni, può essere presentata – unitamente alla domanda di pensione – solo in occasione della maturazione dei requisiti per il pensionamento, presso l’ultima gestione ove il lavoratore risulta iscritto. Come già è stato fatto notare, la normativa sul cumulo da una parte (all’articolo 1, comma 239, della legge 228/2012) prevede che si acceda alla pensione di vecchiaia con i requisiti più elevati previsti dalla riforma del 2011, dall’altra invece in presenza dei requisiti anagrafici e di contribuzione più elevati previsti dalle gestioni coinvolte nel cumulo (comma 241).

La Cassa forense aderisce a quest’ultima interpretazione. Gli avvocati che, mediante il cumulo, raggiungeranno l’anzianità contributiva complessiva prevista per la maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia (68 anni di età e 33 di contributi nel 2017) avranno una pensione calcolata con le regole del sistema retributivo, previsto dal regolamento interno alla Cassa.

Non si fa menzione del fatto che la norma preveda che, con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2012, la quota di pensione corrispondente a tali anzianità è calcolata secondo il sistema contributivo. Il sistema contributivo, secondo la disciplina della Cassa forense, sarà applicato qualora gli iscritti dovessero raggiungere un’anzianità contributiva inferiore a 33 anni (fino al 2018, poi innalzati a 34 dal 2019 e a 35 dal 2021).

Gli avvocati che avessero presentato la domanda di pensione in regime di totalizzazione entro il (e non «anteriormente al») 31 dicembre 2016, possono avvalersi del cumulo a condizione che il relativo procedimento non si sia concluso.

In merito ai soggetti che hanno periodi di ricongiunzione in corso in base alla legge 45/1990, la Cassa prende atto che non c’è la possibilità di recesso da parte di coloro che stanno pagando le relative rate poiché, su questo punto, la norma non contempla – a differenza dei lavoratori dipendenti e delle gestioni speciali degli autonomi gestite dall’Inps – la restituzione di quanto versato.

Tuttavia la mancata prosecuzione del pagamento delle somme derivanti dai provvedimenti di ricongiunzione in corso comporterà la decadenza della domanda, senza diritto alla restituzione di quanto versato.

L’operatività del cumulo è comunque subordinata alla stipula di una convenzione tra le Casse e l’Inps, poiché in regime di cumulo la pensione è sempre pagata dall’istituto nazionale di previdenza che poi ripartirà gli oneri fra gli enti interessati dal cumulo stesso.

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