Previdenza

L’anticipo volontario può convivere con il part time

di Fabio Venanzi

Gli anticipi pensionistici introdotti dall’ultima legge di bilancio creano flessibilità alla normativa, ancorché le prestazioni erogate abbiano natura assistenziale o di prestito, non rientrando nel novero della spesa previdenziale. Questa la principale novità di tali strumenti, inesistenti negli altri Stati dell’Unione europea.

In via sperimentale dal 1° maggio 2017 fino al 31 dicembre 2018, i soggetti con almeno 63 anni di età, 20 anni di contributi e che riusciranno a perfezionare i requisiti pensionistici entro tre anni e sette mesi potranno accedere all’Ape. Per l’anticipo volontario non è richiesta la cessazione dell’attività lavorativa e l’importo della futura pensione (al netto del recupero dell’anticipo) non dovrà essere inferiore a 702,65 euro lordi mensili. Sono esclusi i liberi professionisti iscritti alle Casse professionali, ma il ricorso è ammesso da parte di tutti i lavoratori dipendenti pubblici e privati, da quelli autonomi e dagli iscritti alla gestione separata Inps.

La restituzione del prestito (l’Ape è a tutti gli effetti un “mutuo”) avverrà dal momento del pensionamento in 260 rate in un periodo di 20 anni. Il prestito è coperto da un’assicurazione contro il rischio di premorienza cosicché, in caso di decesso, la pensione ai superstiti sarà erogata in misura piena. La durata minima dell’Ape è di sei mesi. L’importo erogato è esente da tassazione, mentre dal momento dell’accesso al pensionamento verrà riconosciuto un credito di imposta, pari al 50% degli interessi e del costo di assicurazione corrisposti, spalmato mensilmente per venti anni, così da ridurre sensibilmente l’onere della rata.

Dovranno essere stipulati degli accordi quadro tra i ministeri competenti e le associazioni delle banche e quella delle assicurazioni con il fine di contenere i costi dell’operazione. Gli aspetti non espressamente disciplinati dalla legge saranno normati da Dpcm. In tale contesto sarà previsto anche l’importo minimo e massimo richiedibile a titolo di anticipo.

L’Ape volontario diventa “aziendale” se i datori di lavoro privati, gli enti bilaterali o i fondi di solidarietà versano in un’unica soluzione un contributo finalizzato a ridurre la percentuale di incidenza della rata di ammortamento del prestito che graverà sulla futura pensione. La contribuzione aggiuntiva è parametrata allo stipendio percepita nei 12 mesi meno remoti rispetto alla data di accesso all’Ape nonché alla durata dell’anticipo stesso. Il versamento aggiuntivo innalzerà altresì l’importo della pensione futura.

Il funzionamento dell’Ape sociale è simile a quello dell’anticipo volontario, tuttavia il “prestito” graverà sul bilancio dello Stato. Pertanto, al momento del pensionamento, il lavoratore non dovrà restituire alcuna rata. La platea è ristretta ai disoccupati che abbiano finito di percepire integralmente, da almeno tre mesi, la prestazione. Riguarda le persone licenziate oppure che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa o per risoluzione consensuale nell’ambito della procedura obbligatoria di conciliazione. In alternativa, sono ammessi all’Ape sociale coloro che assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave oppure che siano invalidi civili con un grado di invalidità pari o superiore al 74 per cento.

In queste tre ipotesi è richiesta una anzianità contributiva minima di 30 anni, elevata a 36 per quei lavoratori che svolgono da almeno sei anni in via continuativa un lavoro particolarmente difficoltoso o rischioso all’interno di determinate attività individuate dalla norma. Per l’Ape sociale è richiesta la cessazione di qualunque attività lavorativa anche autonoma. L’importo erogato, non rivalutabile, non potrà essere superiore a 1.500 euro lordi mensili. Pertanto, in caso di importi pensionistici superiori, l’erogato sara ricondotto entro tale limite mentre, in caso contrario, sarà pari all’assegno “a calcolo”. L’indennità non spetta ai soggetti già titolari di pensione diretta e risulta incompatibile con i trattamenti di sostegno al reddito connessi allo stato di disoccupazione. È invece compatibile con lo svolgimento di attività lavorativa dipendente entro 8mila euro annui lordi, limite che scende al 4.800 euro per gli autonomi.

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