Previdenza

Casse, stop al prelievo statale Ora la chance dei rimborsi

di Aristide Police e Filippo Degni

La Corte costituzionale interviene a tutela dell’autonomia degli enti previdenziali privatizzati.

Con la sentenza 7/2017 la Corte costituzionale ha fornito importanti chiarimenti sul sistema previdenziale gestito dagli enti previdenziali privatizzati istituiti in base al Dlgs 509/94, cui sono obbligatoriamente iscritti i professionisti appartenenti a numerose categorie.

Uno dei temi più dibattuti negli ultimi anni è stato quello relativo alla natura di tali soggetti, il cui statuto giuridico dipende in effetti da un singolare concorso di disposizioni civilistiche e di diritto pubblico: si pensi, da un lato, alla veste giuridica esteriore di associazioni o fondazioni assunta dagli enti, alla predisposizione di bilanci civilistici, al regime fiscale applicato; dall’altro, all’attività di servizio pubblico di rilevanza costituzionale svolta, all’inclusione nel perimetro della finanza pubblica allargata, all’attribuzione della qualifica di organismi di diritto pubblico ai sensi del Codice degli appalti pubblici.

In questo articolato (e non sempre coerente) contesto normativo, la Corte costituzionale offre un’innovativa chiave di lettura, che porta a compimento un percorso interpretativo avviato con la sentenza 248/1997 nella quale era stato affermato che la trasformazione in associazioni o fondazioni non incide sulla persistente natura pubblica dell’attività svolta da tali enti.

Nella sentenza 7/2017, i giudici della Consulta affermano che il diverso assetto organizzativo degli enti previdenziali privatizzati deve essere inquadrato nel più ampio contesto della scelta operata dal legislatore del 1994 di introdurre un sistema previdenziale mutualistico per tali gestioni, in alternativa a quello di tipo solidaristico che informa la gestione previdenziale generale.

Un sistema mutualistico – osserva la Corte – è caratterizzato «dalla corrispondenza fra rischio e contribuzione e da una rigorosa proporzionalità fra contributi e prestazioni previdenziali» e dall’esclusione di ogni forma di finanziamento pubblico degli enti privatizzati, i quali devono erogare i trattamenti pensionistici e assistenziali ricorrendo solo alle risorse proprie, gestite secondo criteri di economicità e prudenza.

Il differente regime giuridico delle Casse, secondo i giudici costituzionali, si riflette inevitabilmente sul “bilanciamento degli interessi in gioco”, ossia tra le generali esigenze del bilancio statale e la specifica tutela dei diritti degli iscritti alle Casse.

Una volta ammesse forme di gestione previdenziale di tipo mutualistico, il rispetto del principio costituzionale di ragionevolezza impone pertanto che «il relativo assetto organizzativo e finanziario de(bba) essere preservato in modo coerente con l’assunto dell’autosufficienza economica, dell’equilibrio della gestione e del vincolo di destinazione tra contributi e prestazioni».

Lo specifico vincolo di destinazione che caratterizza il patrimonio gestito dagli enti previdenziali privatizzati ha dunque indotto la Corte costituzionale a ribadire come le loro spese di gestione devono comunque «essere ispirate alla logica del massimo contenimento e della massima efficienza, dal momento che il finanziamento di tale attività strumentale grava sulle contribuzioni degli iscritti, cosicché ogni spesa eccedente al necessario finisce per incidere negativamente sul sinallagma macroeconomico tra contribuzioni e prestazioni».

Per la Corte costituzionale, l’autonomia gestionale delle Casse e il perseguimento di economie di spesa non si pongono tra loro in contraddizione: l’estensione agli enti previdenziali privatizzati delle norme sulla spending review si rivela pertanto coerente con la tutela dei diritti previdenziali degli iscritti e il contestuale raggiungimento degli obiettivi di equilibrio di finanza pubblica allargata.

Diversamente, la previsione di un prelievo sui risparmi conseguiti per ragioni di fiscalità generale concretizza un irragionevole assetto degli interessi costituzionalmente rilevanti, pregiudicando l’equilibrio tra versamenti e prestazioni che fonda il sistema previdenziale mutualistico degli enti previdenziali privatizzati. Proprio per tale ragione, la Corte costituzionale ha ritenuto illegittimo l’articolo 8, comma 3 del Dl 95/2012, introduttivo di una forma di prelievo continuativo e strutturale sul patrimonio degli enti previdenziali privatizzati, determinato attraverso l’imposizione di risparmi nell’attività gestionale.

Secondo l’articolo 136 della Costituzione, quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma, questa cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Gli enti previdenziali privatizzati, oltre a non dover più corrispondere all’Erario i risparmi realizzati nella loro gestione potranno agire, sussistendone i presupposti, per la ripetizione delle somme già versate ovvero eccependo la compensazione.

Il professor Aristide Police e l'avvocato Filippo Degni hanno assistito la Cassa dei dottori commercialisti nel giudizio di legittimità costituzionale conclusosi con la sentenza in commento

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