Previdenza

Un punto fermo a favore di tutti i professionisti

di Maria Carla De Cesari

Una sentenza cardine per il sistema della previdenza privata, quella di ieri della Corte costituzionale. La pronuncia è stata attivata dalla Cassa dottori commercialisti e da due iscritti, così che fossero superate ab origine eventuali considerazioni sulla carenza ad agire da parte dell’Ente previdenziale privato. La pronuncia vale, di fatto, per tutte le Casse, anche se resta da verificare se sarà necessario il riconoscimento tramite ricorso. La legge che impone la riduzione dei costi per i beni intermedi (la spending review sugli acquisti) risponde a un’esigenza di efficienza a vantaggio degli iscritti e costituisce un «efficace strumento di coordinamento della finanza pubblica». Tuttavia, è incostituzionale quella parte della norma che impone il versamento dei risparmi all’Erario. La Corte non utilizza giri di parole e va al principio: si tratta di una specie di esproprio che lede la correlazione tra contributi e prestazioni alla base della missione della Cassa previdenziale. Lo Stato non può mettere le mani sulle risorse dell’ente privato, perché si colpirebbe il diritto degli iscritti alla tutela previdenziale, tanto più che tra i presupposti della privatizzazione figura l’assenza di qualsiasi contributo da parte dello Stato. Dunque, la Consulta interpreta, a distanza di oltre 20 anni, lo statuto di autonomia delle Casse private. Il legislatore non può determinare situazioni che, anche solo potenzialmente, potrebbero inoculare uno squilibrio finanziario nelle Casse. Vale per le cifre, tutto sommato limitate, della spending review. A maggior ragione, il legislatore è avvertito, il discorso si pone per partite più rilevanti.

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