Previdenza

Rivalutazione negativa delle pensioni è un allarme da non sottovalutare

di Claudio Pinna


La previsione di una rivalutazione negativa dei montanti contributivi può suscitare tutta una serie di perplessità quando l'applicazione del metodo di calcolo viene confrontata con le modalità attraverso le quali sono finanziate le prestazioni in un fondo pensione a contribuzione definita (tipo quelli contrattuali).


In un programma del genere infatti, dove i contributi sono accantonati e la prestazione finale è equivalente alle somme versate rivalutate secondo i rendimenti ottenuti, la previsione di un tasso annuo di rendimento negativo rappresenta una eventualità del tutto possibile. Solitamente però accompagnata da una scelta operata dall'iscritto di destinare i propri contributi verso le linee di investimento più rischiose, caratterizzate da una quota significativa del patrimonio gestito in titoli azionari.


Ritenere che il versamento dei contributi all'Inps possa rappresentare un tipo di investimento che preveda una rischiosità sostanzialmente pari a quella delle forme di impiego più volatili evidenzia diverse criticità. In particolare perché il sistema pubblico viene finanziato su basi obbligatorie. Con difficoltà una gestione che eroghi prestazioni più contenute dei contributi obbligatoriamente versati può apparire sostenibile nel lungo termine.


Ma il punto è che il sistema pubblico non opera come un fondo a contribuzione definita. Opera attraverso il principio della ripartizione. Il legislatore ha introdotto quindi la rivalutazione del metodo contributivo commisurata alla media quinquennale del Pil per collegare le prestazioni garantite a un parametro che fosse rappresentativo della stabilità del programma (riconoscendo quindi una copertura più elevata in presenza di una situazione economica positiva, più contenuta al verificarsi di condizioni negative).
In realtà, per meglio garantire l'equilibrio, la rivalutazione avrebbe dovuto essere collegata ai quattro parametri che meglio degli altri indicano la stabilità finanziaria di un sistema a ripartizione e cioè il numero degli attivi, dei pensionati, il contributo medio e la pensione media. Ma tant'è.


L'andamento del Pil ci fornisce comunque utili indicazioni. Che in questo caso non sono positive. Il sistema è in difficoltà. Il metodo contributivo, per ovviare ai contesti negativi, consente di introdurre dei correttivi quasi in forma automatica (la previsione della rivalutazione negativa è uno di questi). Per questioni di opportunità, sotto certi aspetti ragionevolmente, si può anche decidere di limitarne gli impatti negativi. Ma il campanello di allarme è stato lanciato. I flussi contributivi debbono essere attentamente monitorati. E' tramite tali flussi infatti che corrispondiamo le pensioni maturate. Se la crescita futura non ne sostenesse adeguatamente l'andamento alla fine non ci saranno alternative. Saremo costretti a riconoscere una rivalutazione negativa ai montanti contributivi maturati. Altro che flessibilità del pensionamento.

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