Previdenza

Aggiornare i coefficienti non basta per tenere in equilibrio le pensioni

di Claudio Pinna

L'impressione abbastanza diffusa sul mercato è che il metodo contributivo consenta di mantenere in equilibrio il nostro sistema pensionistico perché in grado di garantire l'equivalenza attuariale tra i contributi versati e le prestazioni ricevute.

“Tanto mi hai dato” quindi nel corso dell'attività lavorativa, “tanto ti do” poi quando sarai pensionato. Seguendo tale convincimento l'adeguamento dei coefficienti di conversione del montante contributivo maturato al pensionamento alla più elevata aspettativa di vita della popolazione generale ha proprio come obiettivo quello di conservare nel tempo l'equivalenza finanziaria dei flussi in entrata e in uscita dai programmi previdenziali pubblici.

Sotto certi aspetti, in alcuni casi, concetto esatto a livello individuale. Del tutto errato però a livello complessivo. Il principio infatti risulterebbe corretto esclusivamente nel caso in cui il sistema fosse finanziato attraverso il metodo della capitalizzazione. Un metodo cioè nell'ambito del quale i contributi siano destinati a costituire uno specifico patrimonio equivalente alle prestazioni maturate in futuro dagli aventi diritto.

L'Inps però al contrario è finanziato sulla base del sistema della ripartizione. I contributi sono utilizzati per erogare direttamente le prestazioni maturate dagli attuali aventi diritto. L'adeguamento dei coefficienti quindi non garantisce la stabilità di lungo termine. I contributi che il lavoratore ha versato nel tempo sono stati già destinati all'erogazione delle prestazioni passate e la stabilità del sistema è collegata alle somme che attualmente vengono versate dai lavoratori in attività di servizio. Né tantomeno l'equilibrio può essere garantito dall'applicazione automatica del metodo contributivo. Anche quando tale metodo risulterà del tutto a regime la stabilità finanziaria non sarà assicurata con certezza.

L'incremento dei coefficienti di conversione migliora però sicuramente i conti. I nuovi valori infatti consentono di ridurre la pensione media corrisposta, diminuendo quindi, a parità di numero di pensionati presenti, l'importo complessivo delle prestazioni erogate. Nella speranza poi che tale importo non sia particolarmente distante dai contributi complessivi versati all'Inps. Più che sul concetto del “tanto mi hai dato, tanto ti do” infatti la stabilita di lungo termine è fondata su quello del “tanto mi stanno dando”, gli attuali lavoratori, “tanto do”, agli attuali pensionati.

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