Previdenza

Proposta di legge per integrare le pensioni contributive di importo molto basso

di Giuseppe Argentino

La Federazione anziani e pensionati delle Acli (FAP-Acli) ha recentemente presentato una proposta di legge volta a integrare gli importi delle pensioni di importo molto basso.
La proposta parte dalla considerazione che i trattamenti liquidati in base al solo calcolo contributivo non sono integrabili al trattamento minimo, in base ad una disposizione dettata dall'art.1, comma 16, della Legge 8 agosto 1995, n.335, meglio nota come “Riforma Dini”, che ha esplicitamente disposto quanto segue: «alle pensioni liquidate esclusivamente con il sistema contributivo non si applicano le disposizioni sull'integrazione al minimo».
La norma riguarda dunque le sole pensioni calcolate interamente con il criterio contributivo, che si applica a tutti i lavoratori che abbiano iniziato a versare contribuzione dopo il 1995.

La proposta di legge della FAP-Acli prevede di integrare ad una soglia, definita “minimo vitale” le sole pensioni ai superstiti e i trattamenti di invalidità (assegni di invalidità e pensioni di inabilità). Non sono prese in considerazione le pensioni di vecchiaia perché per esse è già possibile integrare di fatto la pensione stessa nel limite massimo dell'importo dell'assegno sociale, comunque spettante a chi è sprovvisto di redditi al compimento dell'età pensionabile.

Con la disposizione dettata dalla “Riforma Dini” si hanno trattamenti per invalidità che ammontano a cifre comprese tra 100 e 200 euro al mese a lavoratrici o a lavoratori ai quali si è palesato un grado di invalidità pochi anni dopo l'inizio dell'attività lavorativa, con la conseguenza che il calcolo della pensione basato su una anzianità contributiva ancora ridotta porta ad una prestazione di importo assai modesto. Lo stesso accade alle pensioni ai superstiti, quando il decesso del lavoratore avviene in età ancora giovanile, con l'aggravante che con l'importo assai modesto ci devono campare anche dei figli minori.

Si tratta dunque di un problema di elevata rilevanza sociale, al quale la FAP-Acli ritiene che si debba dare una risposta, nella convinzione che si tratti di dare piena applicazione all'articolo 38 della Costituzione secondo il quale i trattamenti previdenziali devono essere “adeguati alle esigenze di vita”. E per ridare un minimo di adeguatezza a tali trattamenti, la proposta della FAP-Acli prevede che le pensioni ai superstiti, e i trattamenti di invalidità, non possano essere di importo inferiore ad un “minimo vitale”, determinato in 7.000 euro all'anno sulla base di calcoli operati dall'Istat con riferimento alla soglia di povertà.

L'integrazione non verrebbe riconosciuta in ogni caso, ma solo alle persone che dispongono di redditi inferiori alla soglia del “minimo vitale”, o comunque in misura tale da non superare complessivamente tale soglia. Si tratta quindi di cifre modeste, che servono a ridurre ansie e preoccupazioni di famiglie che versano già in evidenti difficoltà non solo economiche.

Ma quanto può costare questa operazione alle casse dell'Inps ? E dove si prendono i soldi per finanziarla ? La proposta di legge della FAP-Acli ha pensato anche a questo: è stato calcolato che il costo dell'operazione si aggiri attorno ai 70-75 milioni di euro all'anno, e i soldi si potrebbero prelevare dal “Fondo” istituito presso l'Inps dall'art.1, comma 709 della Legge 23 dicembre 2014, n.190 (legge di stabilità 2015). Il “Fondo”, che è alimentato dai risparmi di spesa pensionistica determinati da un'altra norma dettata dalla medesima legge, è stato istituito proprio con la finalità di “garantire l'adeguatezza delle prestazioni pensionistiche in favore di particolari categorie di soggetti”, secondo criteri che saranno indicati con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©