Previdenza

Fondi pensione Ue più generosi

di Claudio Pinna

I fondi pensione subiranno una tassazione sui rendimenti del 20% (con l'eccezione dei titoli di Stato), se il disegno di legge di Stabilità non verrà emendato. La misura avrà effetto retroattivo da quest'anno, anche se mitigata per tener conto delle imposte già pagate da coloro che hanno riscattato la quota.

È questo il senso dell'articolo 45, comma 3 del Ddl Stabilità (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri). L'aliquota di tassazione, per ques'anno, terrà conto della componente investita in titoli di Stato e la quota di base imponibile sarà ridotta delle erogazioni effettuate a titolo di riscatto su cui si è già pagato un “anticipo”.

Le trattenute più elevate sulle performance generate dagli investimenti effettuati dai fondi pensione potrebbero spingere i lavoratori italiani a trasferire oltre i confini nazionali i risparmi previdenziali accantonati.

In tutti i casi infatti la convenienza nei confronti di quei paesi della Ue che non prevedono alcuna tassazione dei rendimenti risulta essere immediatamente rilevabile (in un contesto normativo peraltro nella sostanza completamente definito).

È quanto confermano una serie di proiezioni delle prestazioni che due fondi pensione (uno italiano e un altro costituito in un paese Ue non soggetto a tassazione sui rendimenti) potrebbero garantire al pensionamento dopo diversi periodi di iscrizione.

In tale ottica si è ipotizzato che un lavoratore si iscriva ai fondi pensione dal 1° gennaio 2015 (data dalla quale le nuove trattenute fiscali sui rendimenti del 20% dovrebbero entrare in vigore) e che decida di destinare al finanziamento delle prestazioni un contributo annuo costante pari a euro 5.164 in valore reale (al netto cioè del futuro incremento del costo della vita), interamente non imponibile nel tempo ai fini fiscali (nella sostanza si è ipotizzato che il Governo decida in futuro di adeguare in valore reale il limite massimo di deducibilità fiscale introdotto ormai più di dieci anni fa nei confronti dei contributi destinati ai fondi pensione).

Sono stati inoltre ipotizzati tre durate di iscrizione ai fondi pensione (15, 25 e 35 anni) nonché tre possibili tassi annui di rendimento in termini reali (2%, 4% e 6%).
I risultati delle proiezioni sono contenuti nello schema a fianco. In tutte le situazioni ipotizzate a parità di rendimento lordo la convenienza della partecipazione al fondo pensione estero risulta essere evidente.

La prestazione finale netta garantita dal fondo pensione paneuropeo si incrementa di una misura che, a seconda dei casi, varia da circa l'1% al 22 per cento.

Il vantaggio risulta essere più elevato al crescere del periodo di iscrizione al fondo pensione e del tasso annuo di rendimento lordo ottenuto nella gestione degli investimenti.

L'effetto è principalmente dovuto alle modalità che nei due Paesi assume la tassazione dei contributi e dei rendimenti nel corso del periodo di accumulo nonché della prestazione alla cessazione dal servizio.

I contributi infatti risultano essere in entrambi i Paesi non imponibili ai fini fiscali. I rendimenti ottenuti in Italia sono tassati al 20%, mentre nell'altro paese non sono soggetti ad alcuna trattenuta.

Al pensionamento tutta la prestazione ottenuta dal lavoratore residente in Italia ed erogata dal fondo estero è tassata ad una aliquota variabile dal 15% al 9% sulla base del periodo di iscrizione al fondo pensione (15% con 15 anni di iscrizione, 9% con 35).

La prestazione corrisposta dal fondo pensione italiano è tassata nella stessa misura variabile dal 15% al 9% ma solo con riferimento alla componente relativa ai contributi che nel corso del periodo di accumulazione non sono stati soggetti a tassazione.

La componente corrispondente ai rendimenti ottenuti invece risulta essere stata già tassata e quindi netta da qualsiasi ulteriore trattenuta. Il vantaggio in tutti i casi è evidente.
L'impressione è che a breve il Governo possa intervenire nuovamente sull'argomento. Il rischio di veder persa una importante branca della nostra attività finanziaria appare elevato.

In tal caso, anziché disposizioni estemporanee, apparirebbe auspicabile un intervento generale che uniformi il trattamento fiscale di tutto il sistema previdenziale italiano (includendo quindi anche gli enti di previdenza per i professionisti). Un intervento che introduca, come già previsto nella maggior parte dei paesi europei, un approccio di tipo Eet (esenzione cioè dei contributi versati, esenzione dei rendimenti e tassazione delle prestazioni).

Il rendimento dei fondi a confronto

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