Previdenza

La parola agli esperti/1. Sandro Gronchi: «Tre bachi nel meccanismo di aggiornamento dei coefficienti»

di Elio Silva


«Non è certo colpa del contributivo se le pensioni del futuro saranno da fame. Per dirla con un paradosso, le stesse persone, se lavorassero in un Paese che cresce come la Cina, avrebbero trattamenti più generosi con il metodo contributivo che con il retributivo». Non ha dubbi Sandro Gronchi, ordinario di Economia politica all'università di Roma La Sapienza, tra i più autorevoli teorici dei sistemi pensionistici: la difficile situazione prospettica della previdenza dipende da fattori di medio-lungo termine, quali il mercato del lavoro asfittico e la bassa natalità.

«È di qualche giorno fa la notizia che abbiamo l'indice di fertilità più basso al mondo - spiega - ma se n'è parlato relativamente poco. Se non si fanno figli e non si crea nuova occupazione c'è poco da fare per le pensioni. Qualcuno coltiva ancora l'illusione che il retributivo avrebbe potuto fare miracoli, ma non è così, anzi il vecchio sistema avrebbe costretto il legislatore a continui aggiustamenti al ribasso, come di fatto è avvenuto dal 1992 in poi».
«In realtà - prosegue Gronchi - il metodo contributivo è l'unico in grado di garantire equità, poichè restituisce a ciascuno i contributi versati, e sostenibilità, dato che l'indicizzazione è agganciata all'andamento del prodotto interno lordo. Si ottiene così un rendimento uguale per tutti, parametrato alla crescita della base imponibile».

Ciò detto, però, Gronchi non nega l'esistenza di “malformazioni congenite” del sistema, derivanti principalmente dalle modalità con cui è stato disegnato. «Il contributivo - afferma - funziona come una banca virtuale, che assegna a ogni lavoratore un conto sul quale si depositano i contributi, nella fase attiva, e si prelevano le prestazioni, una volta raggiunta l'età della pensione. Il meccanismo è semplice nell'obiettivo, ma deve tenere conto di tecnicalità complesse, come ad esempio il metodo di aggiornamento dei coefficienti. Il criterio adottato in Italia, che è retroattivo e, a regime, scatta su base biennale, produce almeno tre tipi di anomalie. La prima è che espropria i lavoratori di un diritto maturato, in quanto, dopo l'aggiornamento, i contributi precedentemente versati possono dare un trattamento inferiore. La seconda controindicazione è che la retroattività impedisce agli assicurati di programmare il proprio futuro con certezza. Da ultimo, ma non meno importante, c'è il fatto che l'aggiornamento retroattivo imputa longevità, cioè speranza di vita, diversa ai membri di una stessa età anagrafica, così creando disparità all'interno di una medesima generazione, in contrasto con il principio di uguaglianza costituzionalmente garantito».
Quali soluzioni si possono immaginare? «Probabilmente - conclude Gronchi - in una fase così avversa si potrebbe provare ad adottare una qualche forma di redistribuzione interna al sistema, ma occorre tenere conto del costante orientamento della Corte costituzionale a tutelare i diritti acquisiti».

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