Previdenza

Cassa ragionieri, allarme sulle pensioni future

di Matteo Prioschi

Maggiore controllo e frazionamento del rischio per gli investimenti mobiliari della Cassa di previdenza dei ragionieri. L'anticipazione è stata fornita ieri dal presidente dell'ente, Luigi Pagliuca, nel corso di un'audizione presso la commissione bicamerale di controllo sugli enti previdenziali.

Il consiglio di amministrazione ha deciso all'unanimità che non ci saranno più investimenti mobiliari ad affidamento diretto. In futuro si utilizzeranno dei bandi di gara pubblici a evidenza europea e la gestione patrimoniale prevederà il frazionamento del rischio tra più gestori. Inoltre la Cassa avrà un centro di controllo interno per effettuare un monitoraggio costante sugli investimenti. Il nuovo modello individuato dall'ente di previdenza è ora all'esame dei ministeri vigilanti.

Nell'audizione i vertici della Cassa hanno inoltre evidenziato le conseguenze determinate dalla recente sentenza della Cassazione (17892/2014) che obbliga a un'applicazione rigida del principio del pro rata. I giudici hanno «dato maggior peso ai diritti acquisiti che a quelli sostenibili», introducendo un freno alla riduzione delle prestazioni calcolate con il metodo retributivo utilizzato in passato. Oggi – ha precisato Pagliuca – i ragionieri versano un contributo del 15% con tendenza a crescere e, se e quando andremo in pensione, lo faremo con un assegno di 800 euro. I colleghi che hanno destinato, con il sistema retributivo, circa l'8%, l'altro anno hanno chiuso l'attività con almeno 3.500 euro mensili».

Un simile rapporto tra contributi e assegni era sostenibile in passato quando c'erano quattro lavoratori attivi ogni pensionato, «oggi che gli attivi sono 2 e il pensionato è uno o bisogna dimezzare le pensioni o raddoppiare i contributi».

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