Contrattazione

Le novità del 2018 per il lavoro intermittente

di Alberto Bosco

La legge di bilancio 2018, ossia la legge 27 dicembre 2017, n. 205, all'articolo 1, co. 100 e seguenti, ha previsto che, per promuovere l'occupazione giovanile stabile, ai datori privati che, dal 1° gennaio 2018, assumono lavoratori con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, di cui al decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, è riconosciuto, per un periodo massimo di 36 mesi, l'esonero dal versamento del 50% dei complessivi contributi previdenziali a loro carico, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'Inail, nel limite massimo di importo pari a 3.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile (resta ferma l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche).
Il comma 114 del medesimo articolo dispone che l'esonero in esame non si applica ai rapporti di lavoro domestico e di apprendistato, senza citare il contratto di lavoro a chiamata.
Sul punto – in attesa di specifiche istruzioni Inps - va però ricordato che lo stesso Istituto, a fronte di una situazione simile, e cioè l'esonero triennale di cui alla legge di bilancio 2015, nella circolare 29 gennaio 2015, n. 17, aveva esplicitamente escluso la fruizione dell'esonero contributivo nel caso di assunzioni con contratto di lavoro a chiamata o intermittente (anche se a tempo indeterminato).
Resta da capire se un pregresso rapporto di lavoro intermittente, magari di breve o brevissima durata sarà ricompreso nel divieto di cui al co. 101, il quale richiede che i “portatori di incentivo” non siano precedentemente stati occupati a tempo indeterminato con il medesimo o con altro datore di lavoro: tale situazione, nella circolare sopra citata, non era stata ritenuta ostativa.
Divieto esplicito, invece, in altri 2 casi, e precisamente nei seguenti decreti ANPAL:
a) 2 gennaio 2018, n. 2, che introduce l'Incentivo Occupazione Mezzogiorno e che, all'articolo 4, co. 5, espressamente dispone che “l'incentivo è escluso in caso di assunzioni con contratto di lavoro domestico, occasionale o intermittente”;
b) 2 gennaio 2018, n. 3, che introduce l'Incentivo Occupazione NEET e che, all'articolo 4, co. 4, espressamente dispone esattamente quanto appena sopra.
Va anche evidenziato che, nell'ipotesi di cui alla lettera a), l'articolo 2, co. 3, dispone che – salva la trasformazione a tempo indeterminato di un contratto a termine – i soggetti da assumere “non devono aver avuto un rapporto di lavoro negli ultimi sei mesi con il medesimo datore di lavoro”: in questo caso, stante l'ampia formulazione, anche pregressi rapporti di lavoro intermittente dovrebbero sortire – sia pur solo provvisoriamente, ossia per 6 mesi – un effetto ostativo all'assunzione.
Un'altra brutta notizia – ossia un diniego - si regista sul piano amministrativo. Infatti, con una richiesta di interpello è stato chiesto di precisare la posizione “ufficiale” quanto alla possibilità per le attività di ristorazione senza somministrazione, non operanti nel settore dei pubblici esercizi ma in quello delle imprese alimentari artigiane (es. pizzerie al taglio, rosticcerie, ecc.), di ricorrere al contratto intermittente, in quanto comprese tra quelle indicate al punto n. 5 della tabella allegata al Regio Decreto n. 2657/1923. Tale norma, in assenza di diversa previsione del contratto collettivo o del requisito anagrafico, individua le prestazioni di: “camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in genere, carrozze letto, carrozze ristoranti e piroscafi”.
Ebbene, ad avviso del Ministero vale quanto segue:
a) è ammesso il lavoro intermittente se ricorrono le 2 condizioni del punto 5: una soggettiva e una oggettiva: è quindi necessario che i lavoratori siano impiegati come camerieri o personale di servizio e di cucina e che l'attività sia resa nelle strutture espressamente richiamate;
b) il tenore letterale del punto 5 impedisce di estendere la nozione di “esercizi pubblici in genere” alle imprese artigiane alimentari non operanti nel settore dei pubblici esercizi;
c) il settore dei pubblici esercizi, insieme a turismo e spettacolo, gode della deroga al limite delle 400 giornate ex art. 13, co. 3, del D.Lgs. n. 81/2015: il Ministero, nell'interpello n. 26/2014 aveva già chiarito che tale deroga è rivolta sia ai datori iscritti alla CCIAA con il codice attività ATECO 2007 che a quelli che, pur non avendo il codice citato, svolgano attività proprie del turismo, pubblici esercizi e spettacolo applicando i relativi contratti collettivi;
d) in definitiva, alla luce di quanto sopra, le imprese alimentari artigiane possono stipulare contratti intermittenti ai sensi del punto 5 solo se operano nel settore dei “pubblici esercizi in genere”, tenuto conto dei criteri di individuazione già richiamati nell'interpello n. 26/2014.

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