Contrattazione

Unipol, contratto terziario per gli Npl

di Cristina Casadei

Il recupero crediti è o non è attività da bancario? Qualche banca, dopo aver scavato tra gli articoli del contratto collettivo nazionale del credito, dice di no, perché l’attività è estranea a quelle del ciclo produttivo bancario e si lascia tentare dal contratto del commercio. I sindacati ovviamente non ci stanno e sono già pronti alla mobilitazione. L’ultimo caso in ordine cronologico è quello di Unipol Banca - un istituto che ha poco più di 2.200 dipendenti - dove in agosto è stato approvato il progetto di scissione a favore di una newco, UnipolRec, controllata al 100% dal gruppo. Nella newco confluiranno, come spiegano dalla banca, una trentina di lavoratori bancari e una ventina tra assicurativi e professionisti dell’immobiliare, vista la rilevanza di questo settore nell’ambito del recupero crediti. La banca ha aperto una procedura con i sindacati che si è chiusa con un mancato accordo. Motivo del contendere? Il contratto. Unipol banca, dopo attenta disamina delle attività dei circa 50 lavoratori che confluiranno in UnipolRec, ha infatti concluso che il contratto più adeguato alle attività che questi lavoratori avrebbero svolto era quello del commercio. Il pacchetto offerto dalla banca prevede appunto il nuovo contratto, il mantenimento delle migliori condizioni previste dagli integrativi del gruppo sulla previdenza e la sanità integrativa e il cosiddetto elastico, ossia una lettera di eventuale rientro che consente al lavoratore di rientrare nel gruppo con un percorso preferenziale. Un pacchetto che per i sindacati è però inaccettabile perché va in una direzione molto diversa rispetto a quella in cui è andato il contratto del credito, così come quello assicurativo, che hanno voluto rafforzare l’area contrattuale.

Luca Esposito, segretario nazionale della Fisac Cgil, spiega che «il tema dell’area contrattuale da sempre rappresenta per il sindacato un tema strategico, strettamente legato al ruolo primario del contratto nazionale e al suo futuro, che è sempre stato posto al centro dei contratti Abi e Ania in termini di rafforzamento ed estensione del perimetro contrattuale in una logica inclusiva». Gli ultimi rinnovi, prosegue il sindacalista, «hanno fornito nuovi strumenti e nuovo impulso al nostro impegno nel sostenere la corretta applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro in tutte le imprese del credito ed assicurative al fine di garantire tutele e garanzie omogenee per le lavoratrici e ilavoratori che svolgono attività proprie del credito e delle assicurazioni e di garantire altresì omogenee condizioni di concorrenza tra le Imprese del Settore Credito e Assicurazioni». A rincarare la dose ci pensa Giuseppe Milazzo, segretario nazionale della Fabi che parla di «una vera e propria aggressione all’area contrattuale dei lavoratori. Il cambio di contratto per i lavoratori della divisione recupero crediti non trova alcuna giustificazione neppure da un punto di vista degli assetti societari, poiché il controllo della newco resterebbe in mano al gruppo Unipol. Questa operazione rischia di rappresentare un precedente per l’intero settore e si pone in contraddizione rispetto ai principi stabiliti nell’ultimo contratto nazionale, nel quale le banche si sono impegnate per un rafforzamento, e non per un indebolimento, dell’area contrattuale».

A dire il vero un precedente c’è già e dietro l’angolo c’è anche il nuovo caso che si potrebbe creare tra qualche giorno. Non a caso a Bologna oggi ci sarà un presidio e i sindacati sono pronti alla mobilitazione. Il precedente, pur con le dovute precisazioni è rappresentato dal Creval dove, nel 2015, venne firmato un accordo sindacale (non firmò la Fisac Cgil) in seguito alla partnership industriale per la gestione dei crediti non performing tra Creval e Cerved, tramite la controllata Cerved credit management group: l’accordo prevedeva l’applicazione del contratto del commercio ai lavoratori confluiti nella nuova società. I sindacati però obiettano che in quel caso si trattava appunto di una società non controllata al 100% dalla banca come è invece il caso di UnipolRec. Il nuovo caso che invece è dietro l’angolo è rappresentato dalla Banca Popolare di Bari dove è in corso un confronto con i sindacati dopo l’annuncio della creazione di una società dove dovrebbero confluire circa una ventina di lavoratori della banca. Come spiega Mario Gentile della Fisac Cgil «nella prospettiva che quella società, oggi controllata dalla banca al 100%, possa passare nelle mani di un altro soggetto, chiediamo che ci vengano date una serie di garanzie a partire dall’ovvia copertura contrattuale del credito e dall’opzione del rientro nel gruppo».

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