Contrattazione

Bancari, trattativa sulle ex Venete

di Cristina Casadei

Il cantiere dell’incorporazione delle ex Venete nel gruppo Intesa Sanpaolo è arrivato alla tappa assetti retributivi, mobilità e conguaglio delle uscite. Azienda e sindacati (Fabi, First, Fisac, Uilca, Unisin, Ugl e Sinfub) in queste ore stanno cercando un equilibrio per il via libera di quella che dovrebbe essere l’ultima tappa della più grande fusione bancaria di questi ultimi anni. Dopo aver trovato il primo accordo per le mille uscite delle ex Venete e il secondo per le 3mila di Intesa Sanpaolo, adesso all’ordine del giorno ci sono temi che entrano dritti dritti nel campo dell’organizzazione del lavoro e non sono meno importanti dei primi. Se le uscite rappresentano il passato, l’integrazione di quasi 10mila persone è invece il futuro. Meno filiali, ma rinnovate e ripensate, nuovi poli organizzativi, nuovi mestieri e molta flessibilità su fungibilità e mobilità.

L’operazione ha previsto la migrazione sul sistema informativo di Intesa Sanpaolo di 888 sportelli (303 ex Veneto Banca, 419 ex Popolare di Vicenza, 86 Banca Apulia, 80 Banca Nuova) nelle diverse regioni italiane. Di questi circa 600 sono da chiudere secondo le indicazioni della Dg comp europea. Quanto all’organico stiamo parlando di 9.497 persone. L’operazione al 30 settembre 2017 (secondo quanto si legge nel prospetto pubblicato sul resoconto intermedio del Gruppo Intesa Sanpaolo al 30/9/2017) porta il numero dei dipendenti del gruppo a 96.478, 7.111 in più rispetto al 31 dicembre del 2016. Le uscite condivise con il sindacato riguardano 4mila persone di cui una prima tranche di mille del perimetro delle ex Venete e una seconda di 3mila del perimetro di Intesa Sanpaolo. Se sulla prima tranche il risultato è già stato centrato, sulla seconda il conguaglio è un tema di queste ore. Secondo le prime valutazioni le adesioni alle uscite volontarie e incentivate sarebbero comunque superiori a 3mila.

Messo da parte il tema delle uscite ne rimangono molti altri da risolvere. Ci sono gli stipendi. C’è poi la fungibilità. Per non dire della mobilità. Dopo molte giornate di trattativa la banca ieri ha presentato ai sindacati un documento che dovrebbe rappresentare un punto di partenza per andare verso l’accordo. Secondo quanto riferiscono fonti presenti al tavolo ci sono però ancora molte distanze tra le parti e i sindacati sono lontani da una valutazione positiva che possa costituire la premessa dell’accordo.

Il primo grande capitolo è rappresentato dall’assetto retributivo e dalla rimodulazione sui gradi alti degli inquadramenti. Il rapporto cost/income delle ex Venete è infatti molto più alto di quanto non lo sia quello di Intesa Sanpaolo e il gruppo intenderebbe procedere con un riallineamento. Ci sono picchi, soprattutto nei gradi alti, che dal punto di vista aziendale richiedono un intervento al ribasso. I sindacati stanno lavorando per cercare di salvare la percentuale di retribuzione più alta a più lavoratori possibile. Non manca qualche attrito anche sulla fungibilità su cui l’azienda vorrebbe più flessibilità di quella prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro. Così come sulla mobilità. L’azienda avrebbe chiesto di spostare fino a 100 chilometri la mobilità dei lavoratori senza dover pagare indennità, i sindacati stanno cercando di contenere la distanza. Si tratta evidentemente di una situazione straordinaria da affrontare in termini straordinari. Il sindacato però è fermo su una cosa: i lavoratori non possono essere considerati i responsabili del passato e devono avere il minor danno possibile. Certo è che sembra difficile un’integrazione di questa portata senza voltare pagina tutti insieme.

I lavoratori del Gruppo Intesa San Paolo

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