Contrattazione

Commercio, l’hi-tech cambia il lavoro

di Cristina Casadei

Immaginare piccole piattaforme che si muovono a destra e a sinistra, avanti e indietro, secondo percorsi minuziosamente programmati in base agli scaffali da riempire, con un braccio meccanico che prende il pacchetto del sale e la scatoletta di tonno e li sistema non è poi così avveniristo. Niente fantascienza, stiamo parlando di robot, e anche dei dispositivi per le vendite automatiche. A iniziare la rivoluzione dello scaffale e dei pagamenti ci han pensato i giganti dell’e-commerce e, adesso, anche per i punti vendita delle grandi catene distributive la svolta hi tech è realtà. Si sperimenta, alcune catene americane, come Wallmart, hanno già intrapreso con decisione il cammino e per Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione, il giorno della rivoluzione delle casse e dello scaffale non è poi così lontano anche per le imprese che operano in Italia: «Le catene devono fare i conti con l’e-commerce e con le evoluzioni delle abitudini dei consumatori». Per questo nel retail gli investimenti sono in calo per le aperture (sono passati dal 50% sul totale nel 2006-2008 al 33% nel 2016) mentre sono in crescita per l’ammodernamento dei punti vendita (sono passati dal 23% al 39%), secondo quanto emerge dal rapporto Pwc e Federdistribuzione sulle risorse umane. «C’è un grande sforzo per rendere i negozi più attrattivi e tecnologicamente all’avanguardia», ma soprattutto c’è «un grande sforzo nella formazione e nella riqualificazione delle persone per poter assecondare l’evoluzione tecnologica», spiega Cobolli Gigli.

Secondo il report gli investimenti in formazione sono rappresentati da una linea che sale costantemente (si veda il grafico in pagina) perché, come spiega Francesco Quattrone, direttore area lavoro e relazioni sindacali di Federdistribuzione «le nostre professionalità sono in evoluzione». Nei punti vendita non ci saranno più semplici cassieri e commessi, ma «professionisti che si occupaeranno del visual nell’esposizione, per esempio, o strumenti, come i totem, dislocati lungo i corridoi che forniscono informazioni sulla merce e sulle offerte», dice Quattrone. Gli investimenti in tecnologia aiuteranno molto anche sul piano della salute e sicurezza, ma «non sostituiranno il lavoratore. Semmai - continua Quattrone - lo aiuteranno ad affrontare meglio i lavori più faticosi». In questo scenario il settore ha continuato ad assumere - «nel 2016 ci sono stati 17mila ingressi in più rispetto all’anno prima», sottolinea Cobolli Gigli - ma i ritmi sono rallentati. Quel che il settore non ha cambiato è la struttura della sua forza lavoro: dei 225mila addetti, ancora nel 2016, il 91% era a tempo indeterminato.

Come l’evoluzione tecnologica ha segnato una strada senza ritorno, allo stesso modo per Cobolli Gigli, «è una strada senza ritorno quella delle aperture domenicali e festive. In Italia ci sono oltre 4,5 milioni di persone che lavorano nei giorni festivi e domenicali. La santificazione della festa è cosa giusta ma deve essere compatibile col fatto che nel giorno di festa si possa anche lavorare».

Se i consumi, come evidenzia il report, non sono in ripresa, non si può dire lo stesso per il costo del lavoro che (si veda il grafico in pagina) è rappresentato da una linea che sale costantemente. In questo complesso contesto dove il ritmo è dato dalla tecnologia, aziende e sindacati non riescono però a rinnovare il contratto di lavoro. «Possiamo condividere l’aumento medio mensile di 85 euro a regime ma da erogare secondo tranche coerenti con l’evoluzione dell’inflazione - dice Quattrone -. Le nostre aziende hanno erogato unilaterlamente due tranche una di 15 euro a maggio dello scorso anno e una di 30 nella busta paga di luglio, garantendo un aumento dell’1,9% a fronte di un’inflazione dell’1,2%. Confidiamo nella ragionevolezza dei sindacati».

Vedi il grafico: La gestione del lavoro nel retail

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