Contrattazione

L’occupazione divide l’Italia

di Giorgio Pogliotti

Il divario nelle condizioni sociali tra le regioni si è progressivamente ampliato e non accenna a diminuire; il Centro e il Nord hanno iniziato la ripresa dal 2014, mentre il Sud ha avviato il recupero dal 2015, ma i livelli pre-crisi restano lontani per tutti.

Il barometro regionale Cisl del benessere analizza tre macroindicatori relativi al lavoro, all’istruzione e alla coesione sociale, evidenziando come nell’ultimo biennio, complice la ripresina economica, vi sia stato un miglioramento differenziato nelle diverse aree. Le regioni a maggiore specializzazione industriale, dopo essere state colpite fortemente dalla crisi, hanno iniziato a beneficiare dei segnali di inversione del ciclo. Ad aver perso di più dall’inizio della crisi fino all’autunno 2014 sono le regioni meridionali (Sicilia, Campania, Calabria e Sardegna), che però già partivano da posizioni ben inferiori alla media. Perdite tra 8 e dieci punti interessano anche Umbria, Emilia Romagna, Marche, Lombardia, Toscana e Liguria. Fatto 100 l’indice medio del 2007, dalla Toscana in giù non troviamo alcuna regione che alla fine dello scorso anno sia tornata a quel livello: fanalino di coda la Calabria, (74,9), seguita da Sicilia (77,7) e Campania (81,5). Mentre il Trentino guida la classifica a quota 106,5 (ma nel 2007 era a 110,5) seguito dalla Lombardia con 104,5 (nel 2007 era 108,6) e l’Emilia Romagna al 103,1 (era 109,1).

Un recupero completo rispetto agli anni pre-crisi riguarda solo il dominio istruzione (che prende in considerazione indicatori come la quota di Neet, il tasso di scolarizzazione, la percentuale di chi ha conseguito un titolo universitario, la partecipazione alla formazione): nel Centro-nord nel 2016 si registrano valori superiori rispetto al 2007, mentre il Mezzogiorno si mantiene sui livelli di nove anni fa. Quanto al dominio lavoro (tra gli indicatori tasso di occupazione, la percentuale in Cig, l’incidenza del lavoro precario), tutte le regioni (a parte la Calabria) tra il 2014 e il 2016 hanno avuto incrementi per effetto degli sgravi contributivi sulle assunzioni stabili, anche se recentemente le incertezze legate all’intensità della ripresa hanno spinto le imprese a optare per contratti di breve durata. Per la coesione sociale (tra gli indicatori il tasso di disoccupazione, il differenziale occupazionale di genere e d’età tra giovani e adulti) alcune regioni, prevalentemente al Nord, hanno recuperato nel biennio 2014 – 2016 (Piemonte, Lombardia, Trentino), ma il Sud si è stabilizzato sui livelli minimi.

«L’Italia sta uscendo molto lentamente dalla crisi - sostiene la leader della Cisl Annamaria Furlan -, occorre una svolta nella politica macroeconomica a favore della crescita e la coesione sociale attraverso politiche fiscali redistributive per le aree sociali medie e basse ed investimenti pubblici, che possono fare da traino degli investimenti privati». Per Furlan «serve una politica industriale differenziata per aree territoriali», per «stabilizzare la crescita nel lungo periodo, con un Patto sociale tra Governo, istituzioni locali e soggetti sociali».

I divari negli ultimi anni

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