Contrattazione

Abrogati i voucher, conseguenze sull’occupazione

di Attilio Pavone

Come prevedibile, la scelta del governo di procedere alla totale abrogazione di questo sistema semplificato di pagamento di contributi previdenziali viene ora avversata non solo dalle imprese, naturalmente in cerca di flessibilità e semplificazione burocratica, ma anche da quelle tipologie di lavoratori (“occasionali” – anche in senso atecnico - o comunque saltuari o temporanei) che hanno beneficiato dello strumento come occasione di regolarizzazione ed emersione di prestazioni lavorative altrimenti destinate ad essere retribuite “brevi manu”, e cioè sostanzialmente “in nero”.

Eppure, fino a pochi giorni fa, la sovrapposizione fra i voucher ed il loro possibile abuso da parte dei datori di lavoro era la norma su quasi tutti i mezzi di informazione.

Un po’ di storia e di dati obiettivi possono aiutare ad elaborare un giudizio più sereno, sebbene “postumo”.
L'istituto è stato inizialmente destinato alla retribuzione del lavoro accessorio, di natura “occasionale”, introdotto dalla Legge Biagi del 2003 per categorie di lavoratori “svantaggiati” quali disoccupati, casalinghe, studenti, pensionati, disabili ecc., per tipologie di lavoro predeterminate (lavori domestici, insegnamento privato, giardinaggio ecc.) e con stringenti limiti di durata (30 giorni nell'anno solare) e di compenso (Euro 3.000).
Nel tempo, molti di questi requisiti sono stati liberalizzati: il limite di 30 giorni nell'anno solare è stato eliminato nel 2005, il numero chiuso delle categorie di lavoratori e delle tipologie di lavoro ammesse è stato cancellato nel 2012 dalla “Legge Fornero”, ed il requisito della natura “occasionale” è stato soppresso nel 2013.

La disciplina da ultimo in vigore fino all'abrogazione, ulteriormente modificata dal Jobs Act, prevedeva da un lato un innalzamento del limite dei compensi totali per ciascun lavoratore fino ad Euro 7000 nell'anno solare (mentre il limite delle prestazioni svolte in favore di ciascun singolo committente imprenditore o professionista era pari ad Euro 2.000 nell'anno), ma dall'altro lato introduceva nuove restrizioni (divieto nell'ambito dell'esecuzione di appalti di opere o servizi) e regole per la c.d. “tracciabilità”, finalizzata proprio alla prevenzione degli abusi:
• Acquisto dei voucher esclusivamente attraverso modalità telematiche;
• Obbligo di comunicare almeno 60 minuti prima dell'inizio della prestazione alla sede territoriale dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro (anche mediante sms o posta elettronica ordinaria) i dati anagrafici del lavoratore nonché il luogo, il giorno e l'ora di inizio e di fine della prestazione.

Oggi tuttavia il governo sceglie di cancellare totalmente uno strumento moderno che ha consentito di regolarizzare una serie di rapporti di lavoro che per durata e tipologia erano spesso sottratti ad ogni forma di controllo, facendo emergere una grossa fetta di irregolarità.
L'uso distorto dello strumento di taluni datori di lavoro poteva essere represso – come in parte ha fatto il Jobs Act – con una maggiore visibilità dell'utilizzo dei voucher.

L'abrogazione totale dell'istituto, invece, placherà i nemici della innovazione e della flessibilità, ma non impedirà che tutta una serie di rapporti di lavoro ripiombi in una invisibile irregolarità.

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