Contrattazione

Apprendistato «al palo» nella Pa

di Claudio Tucci

Dei tanti paradossi della burocrazia italiana ce ne è uno che proprio facciamo fatica a raccontare: parliamo del contratto di apprendistato che, dopo una serie infinita di riforme, dal Testo unico Sacconi del 2011 fino ad arrivare, da ultimo, al Jobs act del 2015, ancora non si riesce ad applicare alla Pubblica amministrazione.

Tutta “colpa” di un Dpcm che avrebbe dovuto emanare la Funzione pubblica, di concerto con Mef e Lavoro, sentite parti sociali e Regioni, che, a distanza di quasi sei anni dall’originaria previsione normativa, sembra essersi perso in qualche cassetto ministeriale.

A far tornare di attualità il tema “apprendistato” nei settori di attività pubblici sono stati regione Lazio e università di Roma «La Sapienza» che, assieme ad Enac, stanno facendo partire un master rivolto a una quarantina di under29 laureati e iscritti al programma «Garanzia giovani» per specializzarli nel settore aeronautico, in particolare nella gestione dell’aviazione civile.

Una mossa che punta a promuovere la formazione specialistica dei ragazzi, utile, soprattutto, ad aziende ed enti del comparto: e non a caso, Enac si è subito detta interessata ad unire al corso d’aula la possibilità di perfezionare l’apprendimento presso aziende collegate, utilizzando, appunto, l’apprendistato di alta formazione e ricerca.

Ma qui sono iniziati i problemi: «Approfondendo la questione - racconta l’assessore al Lavoro della regione Lazio, e giuslavorista, Lucia Valente - è emerso che Enac, rientrando nel perimetro pubblico, non può sottoscrivere contratti d’apprendistato, proprio per l’assenza del Dpcm previsto dalla legge, e così è sfumato il possibile inserimento dei giovani».

Di qui l’auspicio che «l’attuale governo sblocchi al più presto la questione», ha aggiunto l’assessore Valente.

Dal canto suo, il dicastero guidato da Marianna Madia ha acceso un faro (si ragiona se intervenire nel Testo unico sul pubblico impiego, atteso per metà febbraio); ma non c’è dubbio che l’intera questione rappresenti «l’ennesimo caso esemplare di mancata attuazione delle norme - incalza Michele Tiraboschi, ordinario di diritto del Lavoro all’università di Modena e Reggio Emilia -. È francamente paradossale che una Pa ha bisogno di ammodernare servizi e profili professionali, ma non riesce a utilizzare l’apprendistato, che è proprio lo strumento principe per queste finalità».

A pesare sulla mancata attuazione del Dpcm «sono state anche ragioni di contenimento del precariato pubblico e la scelta di coprire i fabbisogni delle amministrazioni solo con contratti a tempo indeterminato - evidenzia Sandro Mainardi, professore di diritto del Lavoro all’ateneo di Bologna -. Si tratta, comunque, di scelte miopi visto che l’impossibilità di utilizzare l’apprendistato sta, nei fatti, condannando, l’intera Pa alla carenza di qualsiasi forma di raccordo tra mondo della formazione scolastica e universitaria e gestione delle risorse umane, a discapito degli stessi uffici e dell’eventuale ingresso di nuove competenze».

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