L'esperto rispondeContrattazione

Compensi associato e rivalutazione monetaria

di Paolo Rossi

La domanda

Si chiede se, in caso di associazione in partecipazione, i compensi dell'associato - laddove non corrisposti o corrisposti in ritardo - siano oggetto, oltre che di interessi, anche di rivalutazione monetaria.

L’associazione in partecipazione è un contratto con cui una parte (c.d. associante) attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa verso il corrispettivo di un determinato apporto. L’apporto cui è obbligato l’associante può consistere esclusivamente in una prestazione di natura patrimoniale e non più anche di natura personale come la realizzazione di un’opera o servizio nonché lo svolgimento di un’attività lavorativa. Infatti in attuazione della delega contenuta nella Legge n. 183/2014 del Jobs Act, il Governo ha varato il D.Lgs. n. 81/2015 recante la “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni”: il decreto attuativo del Jobs Act non consente l’instaurazione di rapporti di associazione in partecipazione che prevedono l’apporto di attività lavorativa da parte delle persone fisiche. Quei contratti stipulati in data antecedente l’entrata in vigore del Decreto Legislativo (pre-25/06/2015), sono fatti salvi fino alla loro conclusione. Ciò posto, ai fini della soluzione del quesito, è necessario considerare preliminarmente che la giurisprudenza prevalente ha sancito l’equiparazione ai fini giurisdizionali tra l’associazione in partecipazione con apporto di lavoro e la collaborazione coordinata e continuativa. Inoltre, la medesima giurisprudenza ha altresì affermato che la rivalutazione del credito da lavoro è applicabile non solo ai crediti derivanti da un rapporto di lavoro subordinato in senso stretto, ma anche ai crediti derivanti da tutti i rapporti di cui all'art. 409 cod. proc. civ., compresi, quindi i crediti derivanti da rapporti di agenzia, di collaborazione coordinata e continuativa senza vincolo di subordinazione (c.d. parasubordinazione). Per effetto dell’applicazione del doppio criterio di assimilazione, si può giungere alla conclusione che, ai sensi dell'art. 429, comma 3, cod. proc. civ., il giudice, qualora condanni al pagamento di somme di denaro a favore dell’associato in partecipazione - che abbia prestato anche, o solo, attività lavorativa nell’impresa dell’associante - per crediti di lavoro, deve altresì condannare al pagamento dell'ulteriore somma pari agli interessi legali e al maggior danno eventualmente da lui subito per la diminuzione di valore del suo credito da calcolarsi con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto; al pari di quanto avverrebbe in caso di controversia in materia di lavoro subordinato. Da notare, altresì, che secondo la giurisprudenza prevalente, la determinazione della rivalutazione monetaria dei crediti di lavoro deve essere operata dal giudice anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, senza necessità di un'apposita prova o domanda del lavoratore. In ordine all’applicazione gli interessi legali, la previsione si giustifica dall’intento di conservare il valore economico della prestazione dovuta e preservarlo, quindi dalla perdita del potere di acquisto per effetto del fenomeno inflattivo. La rivalutazione monetaria serve infatti ad adeguare la somma dovuta alle variazioni del costo della vita, ma le somme rivalutate non sono sufficienti a compensare il creditore del danno derivante dal ritardato pagamento ed è per questo che alle somme rivalutate vanno aggiunti anche gli interessi. Il diritto agli interessi - i quali dipendono dal mero ritardo nell’inadempimento e prescindendo dalla colpa - è un diritto autonomo e va calcolato separatamente. Pertanto gli interessi non vanno ad accrescere il capitale da rivalutare e non sono a loro volta produttivi di ulteriori interessi.

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