Contrattazione

Per le assunzioni congiunte resta il nodo dell'inquadramento

di Roberto Caponi

Più facile effettuare assunzioni congiunte in agricoltura per effetto della legge 154/2016 (“collegato agricolo”) che entra in vigore oggi. L'articolo 18 della legge interviene sull'assunzione congiunta da parte di imprese legate da un contratto di rete “misto”, ossia sottoscritto sia da imprese agricole che da altre appartenenti a differenti settori produttivi.

In tale ipotesi la normativa previgente riconosceva la possibilità di assumere congiuntamente lo stesso lavoratore solo se almeno il 50% delle aziende apparteneva al settore agricolo. La nuova norma ha abbassato la soglia al 40 per cento.

Restano invece ferme - perché il collegato agricolo non le ha toccate - tutte le altre ipotesi in cui è possibile procedere all'assunzione congiunta: imprese appartenenti allo stesso gruppo societario che risultino tra loro controllate o collegate in base all'articolo 2359 del codice civile; imprese riconducibili allo stesso proprietario; imprese condotte da soggetti legati tra loro da un vincolo di parentela o affinità entro il terzo grado.

L'articolo 18 del collegato agricolo, però, non affronta espressamente una delicata questione connessa alla circostanza che i co-datori di lavoro appartengano a settori produttivi diversi. Infatti nel nostro ordinamento giuridico ogni settore produttivo ha la propria disciplina contrattuale, legale e previdenziale dei rapporti di lavoro dipendente. In caso di contratto di rete “misto”, quale contratto collettivo si applica? Quale disciplina legale? Quale classificazione previdenziale?

Con l'assunzione congiunta non si instaurano una pluralità di rapporti di lavoro (tanti per quante sono le imprese assuntrici), ma uno solo col medesimo prestatore. La particolarità sta proprio nel fatto che una delle parti, quella datoriale, è composta da una pluralità di soggetti. Trattandosi di un unico rapporto, non è ipotizzabile che lo stesso lavoratore possa essere sottoposto contemporaneamente a inquadramenti contrattuali, legali e previdenziali diversi. Non è infatti possibile trattarlo come lavoratore agricolo quando presta l'attività presso un'azienda agricola, come un lavoratore del settore industriale quando lavora per un'impresa industriale, e così via.

Per risolvere la questione non si può che fare riferimento ai principi generali del nostro ordinamento giuridico che, in casi del genere, si rifanno normalmente al criterio della prevalenza. E così il lavoratore potrà essere considerato agricolo, a tutti gli effetti, se è chiamato a svolgere la propria attività prevalentemente presso le imprese agricole facenti parte del contratto di rete. In caso diverso seguirà l'inquadramento dell'impresa non agricola presso cui svolge prevalentemente la propria attività. Sarebbe però stato preferibile - considerata la delicatezza della questione, soprattutto sotto il profilo previdenziale - un chiarimento espresso da parte del legislatore.

Altre zone d'ombra sul quale il legislatore non è intervenuto riguardano l'assolvimento degli obblighi in materia di sicurezza sul lavoro e di fisco. Sul punto, infatti, le amministrazioni competenti non si sono ancora espressamente pronunciate. Logica ed esigenze di semplificazione vorrebbero che, anche con riferimento a queste importanti materie, valga la regola generale del “referente unico” ossia del soggetto incaricato da tutti i co-datori allo svolgimento degli adempimenti amministrativi inerenti l'assunzione congiunta (comunicazione d'assunzione, libro unico, prospetto paga, denunce Inps, eccetera).

Del resto l'interesse per le assunzioni congiunte nasce anche dalla necessità di superare le complicazioni burocratiche e gestionali inerenti a rapporti di lavoro instaurati da una pluralità di aziende che agiscono, di fatto, come un unico operatore economico.

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