Contrattazione

Francia, raffinerie bloccate e sciopero nei trasporti contro il Jobs act

di Marco Moussanet

Il Governo cerca di mostrarsi rassicurante, insiste nel dire che non c’è una vera penuria di carburante e invita i cittadini «a non cedere al panico» (pur facendo ventilare la possibilità di ricorrere agli stock strategici). Ma la realtà che vivono – soprattutto nel Nord e nell’Ovest della Francia – gli automobilisti che vagano alla ricerca di un distributore aperto e quando lo trovano aspettano anche un’ora per fare rifornimento, è un’altra.

Ieri sera sei delle otto raffinerie del Paese erano bloccate. Dagli scioperi dei dipendenti o dai picchetti degli autotrasportatori. E una settima potrebbe essere costretta a fermarsi questa mattina. Circa 1.600 stazioni di servizio (su 12mila, ma concentrate appunto in alcune regioni) hanno già dovuto chiudere perché hanno esaurito le scorte.

Certo, è anche la conseguenza della corsa allo stoccaggio da parte degli utenti (negli ultimi giorni gli acquisti sono stati superiori di tre volte a quelli abituali), che temono di ritrovarsi con il serbatoio a secco e non poter più andare a lavorare. Ma è soprattutto il risultato del braccio di ferro che i sindacati oltranzisti (in particolare la Cgt, l’organizzazione storicamente vicina ai comunisti e all’ala sinistra dei socialisti) hanno ingaggiato ormai da settimane con il Governo sulla legge di riforma del mercato del lavoro.

Una riforma di cui il Paese ha drammaticamente bisogno (non a caso il presidente François Hollande e il premier Manuel Valls hanno deciso di porre la fiducia sul provvedimento) e che peraltro è già stata largamente svuotata rispetto alla sua versione iniziale.

La Cgt e altri sei sindacati ne hanno chiesto il ritiro e sembrano intenzionati a fare di tutto per ottenerlo. Anche prendendo in ostaggio i cittadini. Giovedì ci sarà un’ennesima giornata di protesta nazionale (l’ottava da quando, il 9 marzo scorso, è iniziata la mobilitazione), interruzioni del lavoro sono già in atto nelle ferrovie e uno sciopero a tempo indeterminato è stato proclamato nei trasporti pubblici parigini (che comprendono le linee da e verso la cintura, cioè quelle utilizzate dai pendolari) a partire dal 2 giugno. A una settimana dall’inizio degli europei di calcio.

Il segretario della Cgt - il comunista Philippe Martinez, quello che propone la settimana lavorativa di 32 ore - ha dichiarato ieri che «se la legge non sarà ritirata la mobilitazione continuerà e verrà ampliata». Con l’obiettivo di arrivare prima o poi alla proclamazione di uno sciopero generale.

Il ministro delle Finanze Michel Sapin ha parlato di «azioni illegittime» e aggiunto che «il Governo utilizzerà tutti gli strumenti in suo possesso per risolvere la situazione». Valls ha accusato la Cgt di «ricatto» e assicurato che i siti verranno sbloccati. Ma per ora si è visto poco o nulla, se non l’intervento della polizia per “riaprire” alcuni depositi.

In campo è sceso anche il Medef, la Confindustria francese, che in un comunicato ha chiesto al Governo «di ristabilire urgentemente lo stato di diritto e garantire a imprenditori e dipendenti di poter lavorare». «Non possiamo più tollerare – ha aggiunto il presidente del Medef Pierre Gattaz – che una manciata di irresponsabili prendano in ostaggio la Francia. Ed è totalmente insopportabile e incomprensibile che si consenta a un’infima minoranza di ostacolare l’attività economica nel Paese».

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