Contrattazione

Il lavoro agile come misura di accomodamento ragionevole per i disabili

di Antonio Carlo Scacco

Il lavoro agile o smart working può essere una misura di grande utilità per favorire l'integrazione dei lavoratori con disabilità se interpretato come forma di “accomodamento ragionevole”: è un aspetto della nuova modalità organizzativa del lavoro, attualmente all'esame delle aule parlamentari, spesso trascurato.

Cos'è un “accomodamento ragionevole”? La locuzione, originariamente utilizzata nel diritto statunitense dallo US Rehabilitation Act del 1973 e poi incorporato nell'Americans with Disabilities Act (ADA) del 1990, fa riferimento a un adattamento alla situazione concreta delle normali procedure, dei processi o delle infrastrutture idoneo a consentire al disabile di accedere, partecipare all'impiego o progredire nella carriera.

Può assumere due significati: uno, più riduttivo, inteso come obbligo per il datore di intraprendere azioni non comportanti costi eccessivi o particolari difficoltà (qualsiasi altra azione al di fuori di tali limiti sarebbe, pertanto, “irragionevole”). Un secondo, mutuato dall'esperienza giudiziaria delle Corti statunitensi, incentrato sulla reale “effettività” dell'accomodamento. Dopo la condanna dello Stato italiano ad opera della Corte di giustizia europea (sentenza 4 luglio 2013, causa 312/11, Repubblica italiana/Commissione) per mancato adeguamento alla normativa Ue (l'Italia era inadempiente in compagnia di Turchia e Islanda), in sede di conversione del decreto legge 76/2013, l'”accomodamento ragionevole” ha trovato finalmente ingresso nel nostro ordinamento.

Il nostro legislatore ha preferito adottare una forma più ampia della nozione di accomodamento, incentrando l'attenzione sulla sua efficacia/effettività, pur non trascurando la necessità di evitare per il datore di lavoro l'onere finanziario “sproporzionato o eccessivo” a fronte dell'accomodamento, differenziandosi in tal modo da talune legislazioni europee. La Finlandia, ad esempio, propende per una forma soft di ragionevolezza basata sulla valutazione dei costi richiesti, la capacità economica del datore, la possibilità di ottenere fondi pubblici, nonché l'eccessivo stravolgimento del posto di lavoro (Yhdenvertaisuuslaki, Sezione 57); anche la Germania (Sozialgesetzbuch IX, art. 81.4.) subordina l'accomodamento alla valutazione della sua ragionevolezza e degli eventuali oneri per il datore. Più orientate verso l'effettività paiono la legislazione olandese (Et gelijke behandeling op grond van handicap of chronische ziekte, art. 2), che parla di “accomodamento effettivo “, la legislazione irlandese (Employment Equality Act, s. 16(3) e quella francese (Code du travail, art. L 52136 e 521213), che utilizzano invece la locuzione di “misure appropriate” (rispettivamente: “appropriate measure” e “measures appropriées”).

Il lavoro agile può realmente divenire la misura elettiva di “accomodamento ragionevole” ove si pensi alla sua funzione di conciliazione del ciclo di vita (inclusi i tempi di cura e assistenza) e lavoro. Si pensi a chi è affetto da disabilità motorie e non può utilizzare normalmente i mezzi pubblici e/o privati: per tali soggetti diventa prioritario poter accedere a formule e modalità organizzative del lavoro che consentano la più ampia libertà di scegliere tempi e luoghi di lavoro. Una cornice normativa sarà certamente di grande aiuto, ma non sarà sufficiente se non accompagnata da idonei incentivi e una contrattazione collettiva di sostegno.

Sotto il primo profilo il recente decreto legislativo 151/2015, nel modificare la legge 68/1998 sulle norme che regolano il diritto al lavoro dei disabili, è intervenuto più volte sulla tematica degli accomodamenti ragionevoli, assegnando al Fondo regionale per l'occupazione dei disabili il compito di erogare contributi per il rimborso forfetario parziale delle spese necessarie all'adozione di accomodamenti ragionevoli in favore dei lavoratori con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50 per cento.

Sotto il secondo profilo si assiste recentemente a una vera e propria esplosione di soluzioni incentrate sulla flessibilità del lavoro nella contrattazione di prossimità, segnatamente quella aziendale, non sempre dai contenuti univoci e chiaramente definibili. In proposito sarebbe auspicabile un sempre maggiore coinvolgimento delle parti sociali dal momento che la più efficace tutela della discriminazione, in quanto sofferta dall'individuo parte di un gruppo a più alto rischio di emarginazione, è perseguita dal soggetto collettivo. Il quale, quando persegue determinati interessi quale corpo intermedio di diretta emanazione della società civile, esercita una attività cui corrisponde un interesse pubblico, in ossequio al principio di sussidiarietà orizzontale.

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