Contrattazione

Dirigenti industriali tutelati in base all’anzianità

di Aldo Bottini

Il nuovo contratto collettivo nazionale per i dirigenti industriali presenta profili fortemente innovativi, in linea con le tendenze legislative di riforma delle regole del lavoro. La novità più rilevante in questo senso è certamente la completa revisione del meccanismo di determinazione della penale contrattuale (l’indennnità supplementare), spettante al dirigente in caso di riconosciuta ingiustificatezza del licenziamento. Nel regime precedente, l’indennità era graduabile dal collegio arbitrale (o dal giudice) tra un minimo pari al preavviso individuale maggiorato di due mensilità (quindi 10/14 mensilità a seconda dei casi) e un massimo di 22 mensilità. Inoltre, questi valori erano sensibilmente incrementati per i dirigenti licenziati a un’età compresa tra i 54 e i 59 anni. Soprattutto per questi dirigenti, il costo del licenziamento poteva raggiungere cifre davvero importanti. Con le nuove disposizioni, nello spirito di una maggiore flessibilizzazione dei rapporti, il costo di licenziamento subisce una significativa riduzione. Non solo. Anche ai dirigenti viene in qualche modo applicato, in maniera più marcata rispetto al passato, il principio delle «tutele crescenti» in base all’anzianità. Per i primi due anni in azienda, il costo di separazione è molto più basso: due sole mensilità, invece delle dieci previste in precedenza. Per arrivare al precedente minimo, si dovranno attendere almeno sei anni di anzianità. Per ambire ai livelli massimi precedenti, si dovranno cumulare più di 15 anni di anzianità. Si riduce poi la forbice tra minimo e massimo, che è addirittura azzerata per i primi due anni di rapporto, nei quali l’indennità è fissa (due mensilità).

Si va in sostanza nella direzione, intrapresa dal legislatore con la nuova disciplina dei licenziamenti, della riduzione della discrezionalità del giudice e di una maggiore certezza dei costi. Anche l’età massima oltre la quale cessa l’applicazione delle tutele contrattuali si adegua ai mutamenti legislativi in materia pensionistica oltre che ai principi di non discriminazione: 67 anni per tutti, contro i 65 per gli uomini e 60 per le donne del contratto precedente.

L’ammontare del preavviso viene ridotto e semplificato nella sua determinazione: solo 4 scaglioni, con un minimo di 6 (prima era 8) e un massimo di 12 al quale si arriva dopo 15 anni di anzianità (prima ne bastavano 10). La logica della semplificazione è seguita anche nella determinazione del trattamento minimo di garanzia, il meccanismo che già aveva sostituito i vecchi minimi contrattuali. Per chi è assunto (o nominato dirigente) dopo il 1 gennaio 2015, l’importo è unico (66mila euro). Le variazioni in base all’anzianità rimangono solo per chi è stato assunto in precedenza, come del resto gli scatti di anzianità. Quindi, per i nuovi assunti, nessun incremento automatico della retribuzione fissa. Viene invece introdotto l’obbligo di adottare sistemi di retribuzione variabile collegati a indici o risultati nel caso in cui il trattamento retributivo non sia superiore a quello minimo.

Infine, sempre in coerenza con i generali orientamenti riformatori del governo, è elevato dal 1° gennaio 2015 il contributo aziendale al Gsr/Fasi, destinato a finanziare coperture sanitarie e assicurative e iniziative di politiche attive (orientamento, formazione e palcement) per i dirigenti licenziati, in una logica di premialità “a risultato”, la stessa prevista per le altre categorie di lavoratori dal contratto di ricollocazione previsto dai recenti decreti attuativi del Jobs act.

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