Contenzioso

Sospensione docenti non vaccinati, no al risarcimento danni

di Giampiero Falasca

Il lavoratore che non adempie l'obbligo vaccinale aumenta i rischi di contagio sui luoghi di lavoro, pertanto è legittima la decisione del datore di lavoro di sospenderlo dalle mansioni e dallo stipendio per i periodi in cui tali effetti sono espressamente previsti dalla legge.
Il Tribunale di Milano, con l'affermazione di questo principio (sentenza 1962 del 17 maggio scorso), conferma la tenuta legale delle norme approvate durante la pandemia per la gestione degli obblighi vaccinali.

La controversia, promossa con ricorso cautelare d'urgenza, aveva a oggetto la richiesta di una lavoratrice della scuola di annullare il provvedimento di sospensione non retribuita, disposto nei suoi confronti dal datore di lavoro in conseguenza della mancata esecuzione dell'obbligo vaccinale. Tale lavoratrice aveva chiesto anche la reintegra in servizio - eventualmente in diverse mansioni idonee a evitare il contagio da Covid – e il pagamento di tutti gli stipendi maturati ma non percepiti dalla sospensione.In aggiunta a queste richieste, la dipendente aveva formulato una domanda molto originale: ordinare al datore di lavoro di realizzare, a sue spese, una “diagnostica con tamponi” verso ciascun lavoratore, al momento dell'ingresso, in quanto (secondo la ricorrente) strumento più idoneo e sicuro rispetto al vaccino a contrastare la diffusione del virus.Infine, la lavoratrice aveva richiesto il risarcimento del danno non patrimoniale per ingiusta discriminazione attuata nei suoi confronti o, un alternativa, il pagamento di un assegno alimentare in misura non superiore alla metà dello stipendio.

Prima della fine del giudizio la materia del contendere è cessata con riferimento alla richiesta di riammissione in servizio e di pagamento della retribuzione perché, a seguito del Dl 24/2022 il personale non adempiente rispetto all'obbligo vaccinale è stato destinato ad attività di supporto alla istituzione scolastica (senza essere più estromesso, quindi, dal lavoro).

Le altre domande circa l'accertamento dell'illegittimità della sospensione, il pagamento delle retribuzioni arretrate e la richiesta di risarcimento del danno sono state invece giudicate inammissibili, in quanto hanno evidentemente a oggetto un facere infungibile, e sono state anche respinte nel merito. Il Tribunale – richiamando quanto affermato dal Tar Lazio con provvedimento 7394/2021 – ricorda che la sospensione tout court dal servizio dei docenti non vaccinati risulta essere una misura corretta in ragione della tipicità della loro prestazione lavorativa. La normativa sulla sospensione, prosegue il Tribunale, è finalizzata ad assicurare il corretto svolgimento dell'attività scolastica in presenza in condizioni tali da ridurre il più possibile il concretizzarsi di situazioni di pericolo per la salute pubblica; inoltre, l'obbligo vaccinale risulta correttamente e scientificamente giustificato alla luce dell'autorevolezza degli studi e delle ricerche effettuati dagli Enti pubblici istituzionalmente competenti in materia di sicurezza sanitaria.

L'imposizione dell'obbligo non causa alcuna lesione del diritto costituzionalmente tutelato a non essere vaccinato: ammesso e non concesso che esista, osserva il Tribunale, tale diritto non può avere una valenza assoluta, né può essere inteso come intangibile, ma deve essere razionalmente correlato e contemperato con gli altri diritti fondamentali, come quello attinente alla salute pubblica a circoscrivere l'estendersi della pandemia.

Il Tribunale ricorda che la giurisprudenza costituzionale è salda nell'affermare che l'imposizione per legge di un trattamento sanitario non è incompatibile con l'articolo 32 della Costituzione se tale trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri.

Il Tribunale richiama anche la normativa europea: la recente direttiva 739 della Commissione europea del 3 giugno 2020, recepita in Italia dall'articolo 4 del Dl 125/2020, ha espressamente incluso il Sars-CoV-2 tra gli agenti biologici da cui è obbligatoria la protezione anche nell'ambiente lavorativo, in linea con quanto già previsto dal Testo unico in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

La richiesta di reintegra nelle mansioni viene, quindi, respinta in quanto renderebbe l'ambiente di lavoro non sicuro.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©