Contenzioso

Credito per imposte estere sempre ammesso in caso di convenzione contro le doppie imposizioni

di Marco Strafile

Con l'ordinanza 9725/2021 la Corte di cassazione si occupa di un interessante caso riguardante il riconoscimento di un credito per imposte estere nei confronti di un dipendente fiscalmente residente in Italia, che nel 2008 aveva lavorato per 183 giorni in Germania, ove aveva presentato la relativa dichiarazione dei redditi e pagato integralmente le relative imposte.

Il lavoratore, non avendo presentato la dichiarazione dei redditi italiana nell'anno di imposta considerato, aveva subito un accertamento fiscale in seguito al quale era stato attratto a imposizione il reddito di lavoro dipendente prodotto e tassato nello Stato tedesco, con conseguente recupero dell'Irpef dovuta, oltre sanzioni e interessi; l'Amministrazione finanziaria, inoltre, nel calcolare la pretesa tributaria non aveva ritenuto spettante – così come confermato dal giudice di secondo grado – il credito per le imposte versate in Germania ai sensi dell'articolo 165, comma 8, del Tuir che stabilisce la perdita del diritto a tale detrazione «in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all'estero nella dichiarazione presentata».

Di diverso avviso il ricorrente, che riteneva illegittimo l'atto impositivo «giacché la detrazione del credito di imposta non potrebbe essere preclusa dall'omessa dichiarazione dei redditi in Italia stante il versamento integrale delle imposte in Germania e il divieto di doppia imposizione sancito dalla convenzione stipulata tra i due Stati».

Nell'esaminare la questione, la Corte pone in coordinamento la norma domestica (il citato comma 8) con le disposizioni della convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra Italia e Germania nel 18 ottobre 1989, richiamando la prevalenza delle norme internazionali dei trattati (per un principio di specialità), su quelle interne, «dovendo la potestà legislativa essere esercitata nel rispetto dei vincoli derivanti, tra l'altro, dagli obblighi internazionali sanciti dall'articolo 117, primo comma, Cost.».

In sostanza la Corte ritiene il richiamo all'articolo 165, comma 8, operato dalla Commissione tributaria regionale che ha accolto il ricorso delle Entrate «fuori fuoco» rispetto alla fattispecie, dovendosi piuttosto fare riferimento alle norme convenzionali finalizzate a evitare il fenomeno della doppia imposizione attraverso «l'attribuzione del potere di imposizione fiscale ad uno Stato contraente e, corrispondentemente, con la rinuncia all'esercizio di tale potere da parte dell'altro Stato, oppure viene prevista una potestà impositiva concorrente dei due Stati, con il ricorso allo strumento del credito di imposta per evitare la doppia imposizione».

Tale analisi porta la Cassazione ad accogliere il ricorso del contribuente e ad affermare implicitamente il principio secondo il quale. anche in caso di mancato adempimento dichiarativo nell'anno in cui è stato prodotto il reddito all'estero, in presenza di una convenzione contro le doppie imposizioni applicabile, è a tale fonte pattizia – prevalente su quella domestica - che bisogna riferirsi per verificare la spettanza del credito per imposte estere.

L’ordinanza 9725/2021 della Corte di cassazione

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