Contenzioso

Nessun incentivo per assunzione in caso di trasferimento d’azienda

di Massimiliano Biolchini e Lorenzo Zanotti


Con sentenza 10431/2018 la Corte di cassazione ha escluso che il datore di lavoro possa legittimamente fruire dei benefici contributivi previsti per l'assunzione di lavoratori dalle liste di mobilità allorquando quest'ultima avvenga nel contesto di un trasferimento di azienda in base all'articolo 2112 del codice civile.

La vicenda esaminata dai giudici trae origine dall'opposizione di una società a una cartella esattoriale Inps, avente per oggetto il recupero dei contributi non versati per l'illegittimo godimento dello sgravio previsto dall'articolo 8, comma 4, della legge 223/1991 e l'irrogazione delle relative sanzioni per evasione contributiva.

La Corte di cassazione ha sposato la tesi dell'istituto previdenziale, evidenziando come requisito essenziale per la fruizione del beneficio sia il carattere spontaneo dell'assunzione, ovvero che la stessa non costituisca adempimento di un obbligo di legge.

Era infatti emerso dai fatti di causa come la società, poco prima di assumere i lavoratori per i quali aveva goduto dell'incentivo, avesse stipulato un contratto di affitto d'azienda con il precedente datore di lavoro, a pochi giorni di distanza dal dichiarato fallimento di quest'ultimo e dal licenziamento dei dipendenti.

Senonché, dall'istruttoria in sede di merito, risultava evidente la sostanziale continuità dell'attività imprenditoriale a seguito dell'affitto, testimoniata dal fatto che erano rimasti immutati il complesso di beni organizzati dell'impresa (e, in particolare, lo stabilimento produttivo), l'oggetto di quest'ultima e il personale impiegato. Ne consegue, secondo i giudici di legittimità, che tale schema negoziale debba ritenersi idoneo a configurare un trasferimento d'azienda che, in base all'articolo 2112 del codice civile «importa la continuazione dei rapporti di lavoro con l'acquirente, non avendo rilievo il disposto dell'art. 47, comma 5, della L. n. 428 del 1990, che, nell'escludere l'applicabilità dell'art. 2112 c.c. in caso di trasferimento di azienda in crisi, disciplina la posizione contrattuale dei lavoratori nel passaggio alla nuova impresa, senza aver riguardo agli aspetti contributivi».

Risulta al contrario priva di rilievo la circostanza per cui, al momento della stipula del contratto, il precedente datore di lavoro avesse formalmente cessato l'attività, licenziato i dipendenti e presentato istanza di fallimento, dal momento che tali eventi, così come le nuove assunzioni, erano avvenuti in stretta successione cronologica tra di loro, rivelando una condotta elusiva delle parti avente come finalità il mero godimento degli incentivi.

Da ciò si ricava, altresì, la corretta qualificazione della violazione quale evasione contributiva (e non come ipotesi, meno grave, di omissione contributiva), dal momento che la condotta tenuta del datore di lavoro risultava diretta a «creare una apparenza idonea a nascondere i reali termini della realtà aziendale» e finalizzata a ottenere i vantaggi contributivi.

Il principio espresso dalla sentenza, pur se relativo alla disciplina ormai abrogata delle agevolazioni per assunzioni dalla mobilità, appare facilmente trasponibile nell'attuale contesto normativo. La legge prevede oggi che, in caso di assunzione di soggetti beneficiari della Naspi a tempo pieno e indeterminato, il datore di lavoro possa godere di un incentivo pari al venti per cento dell'indennità mensile residua che sarebbe spettata al lavoratore, a condizione che abbia proceduto all'assunzione «senza esservi tenuto». Al fine di godere legittimamente degli incentivi ed evitare possibili sanzioni per evasione contributiva, pertanto, l'azienda dovrà assicurarsi che le nuove assunzioni si collochino al di fuori della fattispecie del trasferimento d'azienda, secondo un approccio non formalistico ma che tenga conto della natura sostanziale dell'operazione negoziale sottesa alle assunzioni.

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