Contenzioso

È evasione dei contributi se non si denuncia il mancato versamento da parte dell’incaricato

di Silvano Imbriaci

Il mancato assolvimento dell'obbligazione contributiva comporta il pagamento di un'obbligazione aggiuntiva a titolo di sanzioni civili, la cui disciplina è contenuta nella legge 23 dicembre 2000, numero 388 (articolo 116, comma 8 e seguenti), che ha modificato la precedente disciplina contenuta nella legge 23 dicembre 1996, numero 662 (articolo 1, comma 217 e seguenti).

Tra le varie modifiche apportate dalla nuova normativa, appare rilevante la configurazione dell'evasione contributiva, intesa come mancato pagamento di contributi derivante da registrazioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero. Mentre nel caso di omissione (articolo 116, comma 8, lettera a) il presupposto della sanzione è costituito dal mancato pagamento dei contributi dovuti periodicamente il cui ammontare sia rilevabile dalle denunce o registrazioni obbligatorie, la fattispecie dell'evasione (articolo 116, comma 8, lettera b) come modificata nel 2000, prevede un comportamento intenzionale da parte del soggetto obbligato che, con l'intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulti i rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate.

L'interpretazione giurisprudenziale, nel corso degli anni immediatamente successivi alla nuova formulazione della fattispecie, si è misurata nel compito, spesso non facile, al di là dell'apparente chiarezza del dato normativo, di distinguere le due ipotesi, soprattutto in situazioni di omessa o infedele denuncia all'Inps pur in presenza di regolare tenuta delle registrazioni obbligatorie.

L'omissione contributiva (comma 8, lettera a), punita meno pesantemente, è stata quindi ricondotta alle sole ipotesi in cui il datore di lavoro, pur avendo provveduto a tutte le denunce o registrazioni obbligatorie, ometta il pagamento della contribuzione (si valorizza il dato del riconoscimento del debito).

In tutte le ipotesi in cui invece si configuri un'omessa o infedele denuncia, tale da provocare un occultamento dei rapporti o delle retribuzioni in essere, si presume l'esistenza della volontà del datore di lavoro di realizzare tale condotta allo specifico fine di non versare i contributi. In altri termini, la prova dell'assenza dell'elemento intenzionale doloso si può raggiungere, dunque, attraverso la dimostrazione della corretta tenuta dei dati lavorativi omessi o infedelmente riportati invece nelle denunce (si veda, tra le tante, Cassazione 1167/2018).

Il caso esaminato dalla ordinanza 10427/2018 della sezione lavoro della Cassazione riguarda una situazione che spesso si verifica nell'esperienza comune: il fatto doloso del terzo, consistente nell'appropriazione, da parte spesso del consulente incaricato, delle somme da versare a titolo di contributi. Qui la Cassazione, sulla scorta della distinzione cui sopra si è accennato, ha ravvisato nella condotta silente del datore di lavoro che non abbia tempestivamente denunciato all'autorità giudiziaria penale l'asserita condotta fraudolenta del terzo, una forma di intenzionalità, o meglio un comportamento intenzionale idoneo ad integrare la fattispecie più grave dell'evasione contributiva. Era emerso, infatti, che non era stato osservato il termine per la denuncia all'autorità giudiziaria penale del mancato pagamento dei contributi per fatto doloso del terzo (articolo 124, primo comma del codice penale, entro tre mesi). E questo costituisce elemento sufficiente per la riconduzione della fattispecie all'evasione contributiva e non alla semplice omissione.

Occorre peraltro rilevare che la tempestività della denuncia all'autorità giudiziaria del fatto doloso del terzo rileva anche in sede di eventuale riduzione delle sanzioni: l'articolo 116, infatti, al comma 15, lettera a) prevede che gli enti possano fissare criteri e modalità per la riduzione delle sanzioni nei casi di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi derivanti da fatto doloso del terzo denunciato entro il termine indicato dall'articolo 124 del codice penale all'autorità Giudiziaria. In tal caso, per l'accesso alla riduzione, oltre alla denuncia tempestiva occorre aver regolarizzato la situazione mediante il pagamento integrale della contribuzione dovuta (si veda Cassazione 9185/2015).

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