Contenzioso

Competenze ad hoc per appaltare attività interne all’azienda

di Valentina Pomares

L’uso dell’appalto di servizi può essere contestato se la formula più corretta per esternalizzare un’attività è invece quella della somministrazione di lavoro, perchè c’è solo la fornitura di personale, senza un know how specifico.

È l’avvertenza da tenere presente in seguito alla sentenza del Consiglio di Stato 1571 del 12 marzo 2018, che ha ribadito alcuni principi rilevanti sulla distinzione tra le due tipologie contrattuali.

I giudici amministrativi hanno stabilito che è somministrazione di lavoro l’attività che consiste in una mera fornitura di forza lavoro per una determinata quantità di ore a favore del committente. Deve dunque ritenersi illegittima la preclusione della gara d’appalto alle agenzie di somministrazione, che sono gli unici soggetti abilitati a svolgere queste attività.

Il Consiglio di Stato si è pronunciato sul caso di un appalto “endoaziendale”, ovvero caratterizzato dall’affidamento a un appaltatore esterno di attività strettamente attinenti al ciclo produttivo del committente.

I criteri

Fermo restando il principio generale secondo cui le due fattispecie – appalto di servizi e somministrazione di lavoro – si differenziano in quanto obbligazione di risultato l’una e obbligazione di mezzi la seconda (l’agenzia per il lavoro si limita a fornire al committente delle prestazioni lavorative), il Consiglio di Stato ha affermato la natura di mera fornitura di manodopera – e quindi di somministrazione di lavoro – del servizio che consiste nel supporto all’attività amministrativa dell’Usl, in base ai seguenti elementi:

• l’oggetto del capitolato non era la richiesta di un servizio ma di un certo numero di ore di lavoro annue;

• mancava un risultato autonomo delle attività;

• mancavano misure per evitare l’interferenza e la commistione tra i lavoratori addetti all’appalto e i dipendenti del committente;

• mancava una attività di organizzazione di mezzi e attrezzature;

• mancava il rischio di impresa.

Per valutare come, nei casi concreti, sia opportuno scegliere la somministrazione o l’appalto per attività attinenti al ciclo produttivo aziendale, è bene valutare come la giurisprudenza più recente abbia interpretato i criteri distintivi tra le due fattispecie.

Il know-how

In un appalto endoaziendale che abbia per oggetto attività di assistenza informatica, è stata ritenuta sussistente la «mera fornitura di lavoro» e non un genuino appalto di servizi, poiché, da una parte, l’attività dell’appaltatore non risultava autonoma, ovvero non costituiva un segmento specifico e completo del ciclo produttivo del committente, e, dall’altra, perché non era caratterizzata da uno specifico know-how tecnico, necessario ai fini della genuinità dell’appalto, da intendersi come possesso da parte dell’appaltatore di un patrimonio di conoscenze e di pratiche di uso non comune, non brevettate, derivanti da esperienze e prove (Cassazione, sentenza 7796 del 27 marzo 2017).

Il rischio di impresa

In un diverso caso in cui l’oggetto dell’appalto era l’attività di assistenza telefonica ai clienti da svolgere nei locali del committente, sono stati ritenuti dirimenti, nel senso della legittimità dell’appalto, sia la sussistenza del rischio d’impresa in capo all’appaltatore, sia l’assenza di un potere direttivo del committente nei confronti dei lavoratori addetti all’appalto, che prestavano la loro attività – seppure a stretto contatto con i dipendenti del committente – esclusivamente secondo gli ordini e le direttive dell’azienda appaltatrice (Corte d’appello di Roma, sentenza 5392 dell’8 gennaio 2018).

Appalto nel core business

Il tribunale di Reggio Emilia, nella sentenza 41 del 13 febbraio 2018, ha esaminato il caso di affidamento in appalto di attività riconducibili a una parte consistente del core business aziendale. Per i giudici, anche se l’operazione deve ritenersi consentita – non ci sono divieti di legge in materia - porta con sé il rischio che la lavorazione appaltata risulti parte inseparabile del ciclo produttivo dell’azienda e che i lavoratori esterni addetti a questa lavorazione risultino completamente integrati nell’azienda appaltante, con la conseguenza che difficilmente l’appalto potrà ritenersi lecito.

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