Contenzioso

Licenziamento, reintegra e sanzioni civili

di Silvano Imbriaci

La Corte di cassazione con la sentenza n. 2970 del 2018 torna ancora una volta sugli effetti della illegittimità del licenziamento in relazione al rapporto contributivo e previdenziale, ed in particolare sulla permanenza dell'obbligo contributivo e sulla disciplina delle sanzioni civili per il mancato versamento di contributi nel periodo intercorso tra il licenziamento e la reintegra del lavoratore.

Come è noto, nella disciplina del licenziamento e della reintegra dopo le modifiche operate dalla legge Fornero (legge n. 92/2012), l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori prevede per il licenziamento nullo o discriminatorio, in tutte le varie ipotesi, non solo la condanna del datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore ma anche la condanna al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali. Che in questo caso sia compreso anche il pagamento delle sanzioni civili lo si desume dal seguito della norma che prevede in via graduata, ove non siano presenti gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato, la condanna del datore di lavoro, oltre che alla reintegra e all'indennità risarcitoria, al versamento della contribuzione previdenziale dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi, ma senza il pagamento delle sanzioni civili per omessa o ritardata contribuzione. Infine, la disciplina contenuta nel Dlgs n. 23/2015 per i rapporti di lavoro instaurati successivamente alla sua entrata in vigore, prevede in caso di licenziamento nullo/discriminatorio la condanna al versamento della contribuzione per il periodo intercorso tra il licenziamento e la reintegra, mentre nei casi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia dimostrata l'inesistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, la condanna al versamento di contribuzione non è accompagnata dall'obbligo di pagamento delle sanzioni civili.

La Cassazione, occupandosi del tema dell'obbligo sanzionatorio connesso alla illegittimità del licenziamento, ricorda la soluzione fornita dalla Sezioni Unite al problema apparentemente insolubile dell'applicabilità delle sanzioni civili in assenza di rapporto di lavoro (e quindi di inadempimento contributivo) per effetto del licenziamento. Le sezioni Unite, con la sentenza n. 19665 del 18 settembre 2014, hanno infatti affermato che indipendentemente dalle modifiche normative intervenute sulla disciplina del licenziamento, occorre distinguere tra nullità o inefficacia del licenziamento e sua annullabilità in assenza di giusta causa o giustificato motivo. Nel primo caso la sentenza che accerta la nullità del licenziamento non ha efficacia costitutiva, per cui il datore di lavoro è tenuto al pagamento delle sanzioni civili per omissione (non evasione); nel secondo caso, invece, le sanzioni non si applicano, almeno per il periodo che va dal licenziamento all'ordine di reintegra (successivamente alla reintegra riprende vigore la normale disciplina dell'evasione/omissione contributiva). Questa modalità di distinzione del tipo di licenziamento in relazione all'obbligo sanzionatorio per l'inadempimento successivo al licenziamento, impone dunque alla giurisprudenza, soprattutto nei casi anche precedenti alla riscrittura dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, di verificare la natura del licenziamento e, in base a questa, assegnare al datore di lavoro anche l'obbligo relativo alle sanzioni, anche se l'obbligo contributivo in teoria è venuto meno per effetto del licenziamento e logicamente resta difficile da capire in che modo si sia potuto verificare un inadempimento idoneo a determinare anche il pagamento di sanzioni. Tuttavia, nel caso di nullità o inefficacia del licenziamento è ammissibile anche logicamente l'obbligo sanzionatorio, proprio perché il rapporto contributivo è come se non si fosse mai interrotto, e quindi astrattamente idoneo a provocare inosservanza dei termini di pagamento e sanzioni civili connesse (è come se si trattasse di un effetto negativo ulteriore per il datore di lavoro in presenza di casi gravi di risoluzione illegittima del rapporto di lavoro).

Anche la sentenza n. 2970/2018 segue la stessa linea interpretativa, affermando che in caso di licenziamento inefficace o nullo si applicano le sanzioni civili, nella forma dell'omissione e non dell'evasione (non vi è l'intenzione specifica di non versare i contributi, ma solo un'omissione diretta conseguenza della ritenuta legittimità del licenziamento operato dal datore di lavoro). Nel caso, invece, di licenziamento annullabile, come è risultato quello del caso di specie, il datore di lavoro che versa i contributi dopo la sentenza che ordina la reintegrazione non incorre in alcun tipo di omissione e non è tenuto a versare anche le somme aggiuntive (sanzioni civili), proprio perché in questo caso è escluso l'obbligo sanzionatorio. Non basta quindi affermare che le sanzioni sono dovute solo per il fatto che il pagamento dei contributi era avvenuto dopo la sentenza di annullamento del licenziamento; occorre anche vedere quale sia la natura del licenziamento e se si tratti di licenziamento inefficace o nullo o solamente annullabile.

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