Contenzioso

Danno esistenziale solo se cambiano le condizioni di vita

di Monica Lambrou

Se il lavoratore riesce a dimostrare che l’esercizio del potere disciplinare del datore è stato abusivo e strumentale alla sua estromissione dall’azienda, la condotta tenuta dal datore di lavoro può comportare conseguenze sul piano civilistico e, in determinati casi, rilevare dal punto di vista penale.

Sul piano civilistico, le vessazioni sul luogo di lavoro possono dare luogo a una responsabilità contrattuale del datore, ex articolo 2087 del Codice civile, per tutti i danni connessi all’attività prevista dal contratto di lavoro.

Il lavoratore che agisca in giudizio per il risarcimento dei danni da mobbing, tuttavia, deve dimostrare la presenza di una pluralità di elementi costitutivi, quali la molteplicità e globalità dei comportamenti a carattere persecutorio, l’esistenza del danno, l’intento persecutorio, e la relazione causale fra la condotta e il pregiudizio alla sua integrità (Tar Abruzzo L’Aquila, 9 maggio 2017, sentenza 201; Cassazione, sentenza 2326/2016). Il datore di lavoro è invece tenuto a provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

Qualora il lavoratore assolva gli oneri probatori a suo carico, il datore può essere chiamato a risarcire i danni non patrimoniali ex articolo 2059 del Codice civile e, secondariamente, i danni patrimoniali.

Tra i danni non patrimoniali rientrano:

il danno biologico, subordinato alla sussistenza di una lesione dell’integrità psico- fisica medicalmente accertabile;

il danno morale, quale turbamento dello stato d’animo;

il danno esistenziale, consistente nella significativa alterazione della vita quotidiana.

Tuttavia, il danno esistenziale non può riconoscersi sulla base di formule standardizzate o di generiche affermazioni, né in maniera automatica. È necessario, infatti, che il danneggiato alleghi tutte le circostanze volte a comprovare l’effettiva alterazione delle abitudini e condizioni di vita personale, non essendo sufficiente la mera potenzialità lesiva della condotta mobbizzante.

L’onere di precisa allegazione a carico del lavoratore sussiste anche rispetto al risarcimento dei danni patrimoniali, che consistono in una perdita economica, quali le spese sostenute per curarsi, il danno da mancata assunzione o promozione, il danno alla professionalità, il danno da perdita di chance. Inoltre, le condotte persecutorie potrebbero avere rilevanza penale, se integrano gli estremi di determinati reati, come, per esempio: lesioni personali (articolo 590 del Codice penale), minaccia (articolo 612), violenza privata (articolo 610) e infine, anche se è un ipotesi residuale, il reato di maltrattamenti in famiglia (articolo 572), che tuttavia si configura solo nel caso in cui, per le ridotte dimensioni dell’impresa e per la qualità delle relazioni tra il datore di lavoro e i lavoratori, tali rapporti possano essere intesi come “parafamiliari” e assimilarsi a quelli esistenti tra i componenti di una vera e propria famiglia (Cassazione, sentenza 13088 del 2014).

In ogni caso, il datore di lavoro può essere chiamato a rispondere penalmente solo nel caso in cui ricorrano tutti gli elementi costitutivi del reato.

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