Contenzioso

Niente comportamento antisindacale se si dà esecuzione a un accordo già raggiunto

di Massimiliano Biolchini e Lorenzo Zanotti


La Cassazione ha ritenuto non antisindacale la decisione di Poste Italiane Spa di modificare l'orario di lavoro senza consultare la delegazione sindacale, bensì fornendo una semplice informativa, in quanto l'azienda si era limitata a dare mera esecuzione ad un accordo già raggiunto.
Con la sentenza in commento, la n. 88 del 4 gennaio 2018, la Corte di legittimità si è pronunciata su una fattispecie di presunta condotta antisindacale relativa alle complesse dinamiche di informazione e consultazione previste, nel caso specifico, dal Ccnl Poste Italiane, ma da cui è possibile trarre un principio più ampio applicabile alla generalità delle relazioni industriali.
La pronuncia in esame ha, nello specifico, confermato la decisione della Corte d'appello di Roma che accoglieva il gravame proposto dalle Poste avverso il decreto con cui, ai sensi dell'articolo 28 della legge 300/1970, il Tribunale di Viterbo dichiarava la condotta aziendale antisindacale.
La Corte territoriale ha infatti rilevato come esistesse, tra le parti, un accordo a livello di unità produttiva che prevedeva, in caso di introduzione di nuovi regimi di orario di lavoro, un semplice obbligo di informativa alla delegazione sindacale, su cui gravava l'onere, entro cinque giorni, di provocare – se del caso – la consultazione.
Pur avendo la società rispettato l'onere di informazione di cui al predetto accordo, la delegazione sindacale non si era tuttavia attivata nei tempi previsti per richiedere un confronto; da qui la legittimità della decisione aziendale di dare unilaterale attuazione alla modifica dell'orario di lavoro.
A tal riguardo va rilevato come, secondo la prospettazione di parte ricorrente in Cassazione, non solo non sarebbe esistito alcun accordo tra le parti in materia di nuovi orari di lavoro, ma la corretta interpretazione delle disposizioni del Ccnl del personale non dirigente di Poste Italiane Spa (e, in particolare, degli articoli 5 e 32) avrebbe imposto all'azienda di provvedere alla consultazione sindacale anche in assenza di una specifica richiesta della delegazione in tal senso.
Nel motivare il proprio giudizio, il giudice di legittimità evidenzia innanzitutto come l'articolo 32 del Ccnl del 2007 (applicabile nel caso di specie) disponga effettivamente che, prima di dare attuazione ai “regimi di orario e sistemi di flessibilità”, sia necessario che i relativi progetti formino “materia di confronto con la delegazione sindacale (…) nel rispetto delle procedure di cui al presente Ccnl”.
Tale disposizione, secondo la Cassazione va tuttavia interpretata alla luce di quanto previsto in via generale dall'articolo 5 del medesimo Ccnl, secondo il quale, in caso di “piani di attuazione di nuovi regimi di orario la cui introduzione, nell'Unità Produttiva di riferimento, abbia formato oggetto di specifico accordo” l'azienda sia tenuta a fornire, prima della fase esecutiva, “una adeguata informativa”. Rispetto a quest'ultima, la delegazione sindacale “può formulare richiesta di consultazione da presentare entro 5 giorni (…) cui farà seguito un incontro per l'esame delle relative materie”.
Pertanto, una volta ritenuto valido l'accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito circa l'esistenza di un accordo tra le parti in materia di orario di lavoro, doveva ritenersi applicabile la richiamata disposizione dell'articolo 5 e, dunque, sufficiente una mera informativa (pacificamente rispettata), con onere della delegazione sindacale di chiedere tempestivamente un incontro (richiesta pacificamente non avanzata).
D'altro canto, precisa la Cassazione, l'onere di mera informativa salvo consultazione su richiesta – previsto sia dall'accordo tra le parti che dall'articolo 5 del Ccnl – appare del tutto razionale, dal momento che sarebbe superflua una consultazione riguardante una modifica già accettata, la quale potrebbe portare a rimettere in gioco convergenze tra le parti sociali una volta realizzate.
Da quanto sopra consegue, in definitiva, la correttezza del comportamento aziendale, il quale appare rispettoso delle previsioni del Ccnl e dell'accordo tra le parti, risultando, come tale, inidoneo a violare le prerogative sindacali in materia di informazione e consultazione.

La sentenza n. 88/18 della Corte di cassazione

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