Contenzioso

Professionisti in gara senza compenso

di Massimo Frontera

Il Consiglio di Stato spiana definitivamente la strada all’affidamento di appalti pubblici a titolo gratuito. I principi della concorrenza e le garanzie di qualità dell’oggetto di gara, dicono in sintesi i giudici di Palazzo Spada (Quinta Sezione), possono essere garantiti anche se il contratto non è oneroso.

Il principio è affermato nella sentenza n. 4614/2017 depositata il 3 ottobre (Presidente Giuseppe Severini, estensore Stefano Fantini). Sentenza che ha ribaltato il pronunciamento del Tar Calabria del 2016, il quale aveva censurato la gara del comune di Catanzaro per il piano regolatore della città. Servizio mandato in gara al compenso simbolico di un euro e un rimborso spese di 250mila euro.

Il bando era stato impugnato da tutti gli ordini dei professionisti tecnici della provincia, con il sostegno dei consigli nazionali di architetti, ingegneri e geologi. Il Tar Calabria ha ritenuto l’appalto illegittimo, dando ragione ai professionisti. Il Consiglio di Stato, invece, ha riabilitato il Comune di Catanzaro (che ha già fatto sapere che procederà nell’aggiudicazione all’unico concorrente in gara).

Le questioni affrontate dai giudici sono due, strettamente legate. La prima ruota intorno alla possibilità o meno che un appalto venga affidato a titolo gratuito. La seconda riguarda la possibilità o meno, per la Pa, di ottenere la qualità della prestazione anche in assenza dell’elemento prezzo, senza derogare ai principi di concorrenza.

Sul primo punto i giudici iniziano con il mettere in discussione l’equivalenza tra onerosità del contratto e serietà dell’offerta, equivalenza che ha una sua logica nel «mondo interprivato», e così è stata mutuata dal legislatore europeo nel nostro codice appalti. «Una lettura sistematica delle previsioni ricordate, con considerazione degli interessi pubblici immanenti al contratto pubblico e alle esigenze che lo muovono, induce a ritenere che l'espressione “contratti a titolo oneroso” può assumere per il contratto pubblico un significato attenuato o in parte diverso rispetto all’accezione tradizionale e propria del mondo interprivato».

In altre parole, il committente pubblico è diverso da quello privato, e può offrire al fornitore un valido compenso, non necessariamente economico: «La garanzia di serietà e affidabilità, intrinseca alla ragione economica a contrarre, infatti - si legge nella sentenza - non necessariamente trova fondamento in un corrispettivo finanziario della prestazione contrattuale, che resti comunque a carico della Amministrazione appaltante: ma può avere analoga ragione anche in un altro genere di utilità, pur sempre economicamente apprezzabile, che nasca o si immagini vada ad essere generata dal concreto contratto».

Si cita la consolidata apertura alle società del terzo settore nelle gare pubbliche e poi l’esperienza del mecenatismo e delle “sponsorizzazioni”. Ma si va oltre, ammettendo in generale la possibilità che «l’aspirante contraente» possa trovare la sua convenienza «non già da un'utilità economica, ma solo da un’utilità finanziaria: perché l’utilità economica si sposta su leciti elementi immateriali inerenti il fatto stesso del divenire ed apparire esecutore».

C’è poi l'altra domanda: può la pubblica amministrazione ottenere qualità senza corrispettivo economico e senza ledere i principi della concorrenza? Anche qui la risposta è positiva, se i criteri di aggiudicazione scritti nel bando «appaiono comunque sufficientemente oggettivi per una valutazione dell’offerta».

La conclusione (che guarda l’intero campo degli appalti pubblici) è che «non vi è dunque estraneità sostanziale alla logica concorrenziale che presidia, per la ricordata matrice eurounitaria, il Codice degli appalti pubblici quando si bandisce una gara in cui l’utilità economica del potenziale contraente non è finanziaria ma è insita tutta nel fatto stesso di poter eseguire la prestazione contrattuale. Il mercato non ne è vulnerato. Al tempo stesso, non si vede per quale ragione le dette considerazioni di economia dell’immateriale non possano essere prese in considerazione quando giovano, come qui patentemente avviene, all’esigenza generale di contenimento della spesa pubblica».

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