Contenzioso

I rischi legati alla nullità del patto di prova

di Elsa Mora e Valentina Pomares

Una recente pronuncia del Tribunale di Firenze affronta la questione dell’illegittimità del licenziamento per mancato superamento del periodo di prova, se la clausola appositiva del patto risulta affetta da nullità, nel caso di rapporti di lavoro sottoposti al Dlgs 23/2015 (Tribunale di Firenze, sezione lavoro, sentenza 376 del 13 giugno 2017 ).
Il Tribunale esclude che si possa applicare l’articolo 3, comma 2, del decreto, posto che tale norma - nel disciplinare le ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore - si riferisce ai licenziamenti di natura disciplinare.
Nello stesso senso si è recentemente pronunciato il Tribunale di Milano, secondo il quale la nullità del patto di prova, nel caso di licenziamento intimato per mancato superamento dello stesso, non può dare luogo alla condanna del datore alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
Il Tribunale di Milano, nonostante avesse preliminarmente accertato la nullità del patto di prova, ha ricordato che il licenziamento per mancato superamento della prova deve essere considerato meramente ingiustificato, con la conseguenza che la sola sanzione applicabile sarà quella risarcitoria e non quella reintegratoria (Tribunale Milano, sezione lavoro, 8 aprile 2017).
Tuttavia, esistono anche precedenti sentenze contrarie, secondo cui nel caso di nullità del patto di prova e di licenziamento intimato per mancato superamento dello stesso debba applicarsi la regola eccezionale che, nell’ambito del regime a tutele crescenti, giustifica la reintegrazione del lavoratore, sempre nell’ambito di datori di lavoro con più di 15 dipendenti.
Ricordiamo una precedente sentenza dello stesso Tribunale di Milano, in base alla quale l’indimostrata sussistenza di un valido patto di prova apposto per iscritto al contratto di lavoro comporta l’ingiustificatezza del licenziamento impugnato, in quanto fondato su una ragione inesistente, che quindi dovrà considerarsi nullo e inefficace, con la conseguenza che il lavoratore andrà reintegrato nel posto di lavoro, in base all’articolo 3, comma 2 del Dlgs 23/2015 (Tribunale di Milano, sezione lavoro, 3 novembre 2016).
Un’altra sentenza significativa è quella del Tribunale di Torino, secondo cui il licenziamento in prova, qualora il periodo di prova sia nullo, deve ritenersi privo di motivazione e, al contempo, inquadrabile nell'area del licenziamento soggettivo, con la conseguenza che si applicherà la reintegrazione versandosi in ipotesi di insussistenza materiale del fatto contestato (Tribunale di Torino, sezione lavoro, 16 settembre 2016).
Questo ultimo orientamento pare estendere in maniera eccessiva l’ambito di applicazione della previsione relativa all’insussistenza del fatto materiale contestato nei licenziamenti disciplinari, che non dovrebbe essere applicabile al licenziamento per mancato superamento del periodo di prova che non ha necessariamente una connotazione disciplinare.

E’ auspicabile dunque che alle sentenze del Tribunale di Firenze del giugno 2017 e di Milano dell’aprile 2017 ne seguano altre che offrano un’interpretazione della fattispecie più conforme allo spirito del Dlgs 23/2015 , riconducendo l’applicazione della reintegrazione a ipotesi eccezionale.

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