Contenzioso

L’indennità di disagio finisce nel Tfr

di Angelo Zambelli

Con la sentenza 22291/2017 la Corte di cassazione interviene sull'articolo 2112 del codice civile e sul calcolo del Tfr. Il caso deciso dalla Corte riguarda la vicenda di un dipendente di una società di trasporti che ha agito in giudizio nei confronti del precedente datore di lavoro per veder accertato il proprio diritto all'inclusione nel trattamento di fine rapporto di alcune voci retributive, tra cui l’indennità di disagio, erogata dalla società per compensare il “disagio” derivante dallo svolgimento di lavoro straordinario.

La società datrice di lavoro ha sin dall'inizio eccepito la carenza di legittimazione passiva in virtù del fatto che era subentrata nel rapporto di lavoro con il ricorrente non in forza di una cessione di azienda, bensì in virtù di un provvedimento amministrativo, con la conseguenza che sarebbe stata priva di legittimazione passiva per impossibilità di applicare alla fattispecie l'articolo 2112 del codice civile che regola il trasferimento d'azienda.

La Corte di merito ha respinto tale eccezione, aderendo all'interpretazione estensiva della norma che include anche le ipotesi di trasferimento attuate per mezzo di un atto amministrativo. Tale interpretazione è stata confermata dalla Suprema corte che ha precisato come – del tutto correttamente – il giudice di secondo grado abbia uniformato il proprio orientamento ai più recenti e consolidati arresti giurisprudenziali che avevano superato il precedente indirizzo espresso da Cassazione 13949/2003 alla stregua del quale veniva invece «negata la sussistenza di un trasferimento di azienda laddove il passaggio fosse determinato tramite provvedimento della pubblica autorità, nonostante il dato testuale della direttiva europea e quello della norma italiana di recepimento».

La Corte di cassazione ha altresì confermato la sentenza della Corte d'appello di Milano nella parte in cui aveva ritenuto in modo del tutto condivisibile che l'indennità di disagio dovesse essere computata nel trattamento di fine rapporto. Sul punto la Suprema corte ha ricordato come l'articolo 2120 del codice civile sulla disciplina del trattamento di fine rapporto preveda che l'accantonamento includa «tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese», non prevedendo – come invece sostenuto dal datore di lavoro – che «sul Tfr incidano soltanto i compensi continuativi corrispettivi a prestazioni effettivamente fornite».

Sulla base di tale affermazione, la Suprema corte ha condiviso quanto statuito dalla corte territoriale secondo cui l'indennità di disagio doveva incidere sugli accantonamenti per il Tfr «poiché tale voce retributiva viene erogata a titolo di corrispettivo per la maggiore gravosità della prestazione di lavoro straordinario, riconosciuta al prestatore d'opera in dipendenza del rapporto di lavoro e non rientrando in alcune delle ipotesi di esclusione degli accantonamenti previste dall'articolo 2120 del codice civile o dalla contrattazione collettiva».

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