Contenzioso

Sanzione «vincolata» al contratto

di Angelo Zambelli

Con la decisione n. 21062, depositata ieri, la Cassazione interviene sul tema della giusta causa di licenziament o, soffermandosi sui criteri per la valutazione della gravità della condotta contestata al lavoratore nel regime anteriore alle modifiche introdotte con la legge 92/12.

Il fatto oggetto di contestazione è semplice: un lavoratore di una grande azienda metalmeccanica si assentava dal lavoro per un giorno giustificandosi con la necessità di restare a casa per assistere la figlia malata, ma l’impresa, scoperto che il lavoratore si era in realtà recato presso lo stabilimento per prendere parte ad un referendum indetto dai sindacati, intimava il licenziamento per giusta causa considerando il comportamento del lavoratore come «irrimediabilmente lesivo del vincolo di fiducia tra le parti».

Il giudizio d’impugnazione del licenziamento aveva esito sfavorevole al lavoratore che, sconfitto in primo e secondo grado, ricorreva per Cassazione lamentando, inter alia, la violazione e falsa applicazione del contratto collettivo di categoria per difetto di proporzionalità della sanzione disciplinare applicata. Il Ccnl Metalmeccanici, infatti, prevede l’applicazione di una mera sanzione conservativa in caso d’abbandono del posto di lavoro «senza giustificato motivo o giustificazione alcuna» (articolo 9), e il licenziamento con preavviso nel caso di assenze ingiustificate prolungate oltre quattro giorni consecutivi(articolo 10A); mentre il licenziamento in tronco è previsto solo quando dall’abbandono del posto di lavoro «possa derivare pregiudizio alla incolumità delle persone od alla sicurezza degli impianti» (articolo 10B).

La Cassazione ricorda anzitutto che la giusta causa di licenziamento «deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, in particolare, dell’elemento fiduciario, dovendo il giudice valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all’intensità del profilo intenzionale, dall’altro, la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, per stabilire se la lesione dell’elemento fiduciario, su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia tale, in concreto, da giustificare la massima sanzione disciplinare» (Cass. n. 15654 del 2012).

Il giudizio di proporzionalità non può quindi risolversi in una valutazione astratta dell’addebito, ma deve porre attenzione ad ogni aspetto concreto del fatto. In tale operazione valutativa il giudice non è vincolato dalle tipizzazioni di giusta causa contenute nella contrattazione collettiva, e tuttavia deve «tenerne conto», come previsto dall’articolo 30 della legge 183/2010, norma applicabile ratione temporis che riserva ai giudici uno spazio di manovra più ampio di quello riconosciuto loro nel regime attuale, improntato all’”automatica” illegittimità del licenziamento ogniqualvolta il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa in base ai contratti collettivi o ai codici disciplinari applicati al rapporto di lavoro, senza alcun margine di discrezionalità nella valutazione di proporzionalità tra sanzione irrogata e fatto contestato.

Ciò premesso, la Cassazione osserva come, nel caso di specie, la Corte territoriale non abbia correttamente svolto il giudizio di proporzionalità, avendo omesso ogni considerazione sia di elementi oggettivi («una sola giornata di assenza lavorativa»), sia di elementi soggettivi (quali l’«assenza di premeditazione» nella decisione di partecipare all'iniziativa sindacale) che pure rappresentano «elementi (non certo marginali, ma) costitutivi del fatto contestato».

Per quanto, quindi, il comportamento del lavoratore non possa essere definito né corretto né trasparente, la Corte di legittimità ritiene frettoloso il giudizio di merito, e rinvia alla Corte di appello per un nuovo scrutinio circa la legittimità del licenziamento, scrutinio da condursi sulla base di un giudizio di proporzionalità che tenga conto anche di quanto previsto dal contratto collettivo «in riferimento alle ipotesi (di assenza dal lavoro di abbandono del posto di lavoro senza giustificato motivo ovvero giustificazione entro il giorno successivo)stabilite dall’articolo 9».

La sentenza n. 21062/17 della Corte di cassazione

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