Contenzioso

Nei fondi di previdenza complementare calcolo del riscatto con rebus

di Antonello Orlando

L'ordinanza n. 20512 della sesta sezione civile della Corte di cassazione torna su un tema affrontato meno di due anni fa dalla suprema Corte: oggetto della sentenza è il divieto di cumulo di interessi e rivalutazione monetaria sulle prestazioni dovute da enti gestori di forme di previdenza complementare. La questione è stata ritenuta di interesse generale, rimettendo al primo presidente l'opportunità di valutarne l'assegnazione alle sezioni unite (come già accaduto per vicende analoghe anche nel caso dell'ordinanza interlocutoria 1774/2014). Il ricorso in Cassazione è stato azionato dalla Sicilcassa in liquidazione coatta amministrativa contro l'ammissione al suo stato passivo di un credito consistente nel riscatto integrale delle somme versate a favore dell'assicurata nel Fondo Integrativo Pensioni privato della società, confermato da ultimo dalla Corte d'appello di Palermo nel gennaio del 2016; l'oggetto del contendere consisteva in particolare nell'ammissione allo stato passivo anche della rivalutazione monetaria e degli interessi legali sulle somme da riscattare.

La possibilità di cumulo di interessi e rivalutazione risponderebbe alle logiche dell'articolo 409, comma 3 del Codice di procedura civile, che tuttavia riserva tale possibilità solo alle «somme di denaro per crediti di lavoro». I versamenti effettuati alla previdenza complementare rivestirebbero invece una natura diversa, previdenziale e non retributiva, senza alcuna differenza fra fondi complementari con personalità giuridica autonoma o creati in una gestione separata dello stesso datore di lavoro. Questa è la conclusione da cui parte l'ordinanza depositata ieri che richiama la sentenza di Cassazione 4684 del 2015, la quale si riferisce al periodo antecedente alla prima riforma del sistema di previdenza complementare contenuta nel Dlgs 124/1993, focalizzandosi tuttavia più sulle conseguenze retributive (in particolare nel calcolo delle indennità di fine rapporto) che sulla determinazione delle prestazioni previdenziali.

La sentenza 18041/2015 richiamata nell'ordinanza è pronunciata in un contesto del tutto analogo (il riscatto di una posizione nel medesimo fondo complementare privatistico di Sicilcassa) che, nel tentativo di sanare la querelle relativa a interessi e rivalutazione, richiama anche un altro elemento normativo: l'articolo 16, comma 6 della legge 412/1991 il quale stabilisce il divieto di cumulo fra interessi legali e rivalutazione monetaria sulle prestazioni erogate tardivamente, imponendo che il risarcimento di mora venga attuato riconoscendo la maggior somma fra i due. La seconda sentenza del 2015 ha però escluso in questo ambito l'applicabilità di questa norma speciale del 1991, riservata espressamente agli «enti gestori di forme di previdenz a obbligatoria». Il fondo complementare di Sicilcassa Spa, di natura privatistica, non può godere del divieto di cumulo d'interessi e rivalutazione monetaria previsto dalla legge 412, che si riferisce a una diversa platea di enti previdenziali, idonei a erogare prestazioni previdenziali a carattere obbligatorio.

L'ordinanza rimette dunque al primo presidente l'eventuale valutazione di una pronuncia a Sezioni Unite, ritenendo la linea difensiva presentata dal ricorrente “plausibile” nell'escludere il riscatto della posizione dell'assicurata da rivalutazione monetaria sulla base della propria qualificazione previdenziale, senza dovere per questo applicare la norma speciale del 1991.

o dal DPR 1124/1965.

La prudenza deve sempre essere al massimo: nel dubbio, anche il riscontro di possibili concause non aiuta.

L'ordinanza 20512/17 della Corte di cassazione

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