Contenzioso

Licenziamento solo con contestazione specifica al lavoratore

di Angelo Zambelli

Una lavoratrice è stata licenziata per aver fornito informazioni riservate sulla società a «un ex dipendente successivamente assunto da un’azienda concorrente» e aver utilizzato «espressioni offensive per l’azienda (definita di “pagliaccetti”) nel corso di una conversazione telefonica».

Il recesso – intimato all’esito di un procedimento disciplinare in cui era stata disattesa la richiesta di audizione presentata dalla lavoratrice - è stato ritenuto legittimo dal giudice di primo grado; tuttavia, la Corte d’appello di Roma ha riformato la sentenza dichiarando l’illegittimità del licenziamento e, a fronte dell’intervenuto decesso della dipendente, ha condannato la società a corrispondere all’erede, a titolo di risarcimento del danno, un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello del decesso.

La Corte territoriale è pervenuta a tale statuizione sulla base del fatto che «la contestazione disciplinare risultava formulata in termini generici, recando riferimenti a fatti privi di collocazione temporale e riferiti a soggetti non specificati». In particolare non era stato chiarito «il contesto» nel quale sarebbero state fornite le informazioni all’ex dipendente né «i tempi e i soggetti dai quali sarebbe stata ascoltata la conversazione telefonica» nel corso della quale erano stati espressi dalla lavoratrice i giudizi denigratori.

La Cassazione, con la sentenza 19103/2017 , ha confermato l’illegittimità del recesso ribadendo il granitico orientamento giurisprudenziale secondo cui la violazione dei requisiti fondamentali della contestazione disciplinare, individuati nella «specificità, immediatezza ed immutabilità», determina la nullità del provvedimento sanzionatorio irrogato. Infatti tali requisiti – prosegue la Cassazione - «sono volti a garantire il diritto di difesa del lavoratore incolpato, diritto che sarebbe compromesso qualora si consentisse al datore di lavoro di intimare il licenziamento in relazione a condotte rispetto alla quali il dipendente non è stato messo in condizione di discolparsi, perché non tempestivamente contestate, perché diverse dalle condotte oggetto della iniziale contestazione, perché non adeguatamente definite nelle loro modalità essenziali ed essere così esattamente individuabili».

E invero, con riferimento al requisito della specificità, la giurisprudenza è costante nel ritenere che nel contestare l’addebito disciplinare in base all’articolo 7 dello statuto dei lavoratori, l’azienda debba consentire al dipendente di individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri individuati dagli articoli 2104 e 2105 del codice civile.

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