Subordinazione provata da elementi sussidiari
Nell’ambito di una
La Cassazione ha espresso questo principio con sentenza 17160 del 12 luglio 2017, nella quale ha rimarcato che, al fine di accertare la natura subordinata del rapporto di lavoro, elemento determinante non è la qualificazione formale che emerge dal contratto stipulato tra le parti, ma l’effettiva attività oggetto della prestazione lavorativa e le modalità attraverso cui le mansioni sono state svolte.
Il caso sottoposto alla Corte era relativo all’autotrasportatore di un’impresa di prodotti lattiero caseari, il quale aveva reso per anni le sue prestazioni in forza di contratti di consegna o di appalto di servizi di trasporto. L’azienda aveva risolto il contratto di autotrasporto sul presupposto di ripetute violazioni da parte del trasportatore, il quale aveva impugnato il recesso datoriale rivendicando la natura subordinata del rapporto.
La Corte d’appello di Firenze, riformando la sentenza di primo grado, aveva riconosciuto la natura dipendente del rapporto e concluso per il diritto dell’addetto alla reintegrazione, in quanto il recesso andava qualificato alla stregua di un licenziamento disciplinare per il quale non erano stati concessi al lavoratore i termini per le giustificazioni previsti dall’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori.
La Cassazione conferma questa lettura e rimarca che, in presenza di una prestazione di piazzista/viaggiatore da svolgersi fuori sede, gli elementi distintivi tra una prestazione di natura autonoma e un’attività di natura dipendente possono risiedere nell’assenza di margini di scelta sulla clientela da seguire, nell’utilizzo di strumenti di lavoro datoriali e nella programmazione datoriale delle visite quotidiane. In questo contesto, non è decisivo l’esercizio assiduo del potere di direzione e controllo sul lavoratore, in quanto, alla luce della peculiarità della prestazione, il requisito della subordinazione può essere desunto da indici secondari quali, tra gli altri, il versamento di una retribuzione fissa, l’osservanza di un orario di lavoro e l’assegnazione di una zona e di una clientela precostituite.
Conclude la Cassazione che, data la natura subordinata del rapporto, il recesso dal contratto, giustificato con la violazione degli obblighi contrattuali, rifluisce nell’ambito dei licenziamenti disciplinari, da cui l'illegittimità del licenziamento per non essere stato assegnato il termine per le giustificazioni.
La sentenza n. 17160 della Corte di cassazione