Contenzioso

Contestazioni, l’immediatezza è relativa

di Angelo Zambelli

Non è tardivo il procedimento disciplinare avviato a quattro mesi dalla scoperta dei fatti. Lo ha chiarito la Cassazione nella sentenza 11 aprile 2017, n. 9285, la quale, pur muovendosi nell’ambito di princîpi consolidati nella giurisprudenza di legittimità, fornisce interessanti precisazioni in tema d’immediatezza della contestazione disciplinare.

Tale requisito, la cui ratio riflette l’esigenza dell’osservanza delle regole della correttezza e della buona fede nell’attuazione del rapporto di lavoro, si configura quale elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro e, come riaffermato nella decisione in commento, «non consente all’imprenditore-datore di lavoro di procrastinare la contestazione medesima in modo da rendere difficile la difesa del dipendente o perpetuare l'incertezza sulla sorte del rapporto» (per tutte, Cassazione 20 giugno 2006, n. 14113).

Ebbene, il caso in esame muove dal licenziamento di un lavoratore responsabile di aver accettato pagamenti da un fornitore del datore di lavoro al fine di «chiudere un occhio su eventuali difetti di lavorazione» evitando così la cosiddetta “bolla rossa”, ossia il mancato superamento del controllo di qualità dei pezzi forniti.

Secondo i giudici di entrambi i gradi del giudizio di merito, tale comportamento (di rilevanza, addirittura, penale) si qualificava come una condotta infedele, tesa ad aggirare fraudolentemente gli interessi produttivi della società, e come tale idonea a integrare una giusta causa di licenziamento, «trattandosi di comportamento in violazione dell’obbligo di fedeltà di cui all’articolo 2105 del codice civile idoneo a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario».

Soccombente in appello, il lavoratore ricorreva in Cassazione lamentando, in particolare, la tardività del procedimento disciplinare, avviato dalla datrice di lavoro quattro mesi dopo la conoscenza dei fatti. Chiamata a pronunciarsi, la Corte di legittimità afferma che «il criterio di immediatezza va inteso in senso relativo, dovendosi tener conto della specifica natura dell’illecito disciplinare, nonché del tempo occorrente per l’espletamento delle indagini, tanto maggiore quanto più è complessa l’organizzazione aziendale» (ex plurimis, Cass. 20 giugno 2014, n. 14103; Cass. 20 giugno 2006, n. 14115).

Il licenziamento irrogato al lavoratore è quindi da ritenersi legittimo e rispettoso del principio di immediatezza «in ragione dell’epoca della notifica alla società, quale parte offesa, della comunicazione dell’udienza per il procedimento penale a carico del ricorrente e in considerazione, altresì, delle considerevoli dimensioni aziendali, della complessità dei fatti di cui all’imputazione, delle difficoltà delle indagini investigative e della molteplicità dei soggetti coinvolti nell’indagine».

La sentenza 9285/17 della Corte di cassazione

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