Contenzioso

L’importo dell’assegno per le vittime del dovere deve essere pari a quello delle vittime della criminalità

di Silvano Imbriaci

La pronuncia 7761 del 27 marzo 2017 delle sezioni unite della Cassazione rappresenta un chiaro esempio degli effetti applicativi della funzione nomofilattica affidata alla Corte (articolo 384 del codice di procedura civile), nella risoluzione di questioni di diritto di particolare importanza, quando la disciplina normativa presenti dubbi, incertezze o lacune tali da rendere necessario un intervento chiarificatore, anche in forma per così dire “additiva”.

La materia è quella del riconoscimento dello status di vittime del dovere (articolo 1, comma 563 e seguenti della legge 266/2005) e conseguente determinazione dei benefici assistenziali connessi, mentre la vicenda in fatto trae origine da un incidente stradale causato da un sorpasso effettuato, in assenza di condizioni di sicurezza, da un mezzo dei vigili del fuoco, nel quale si trovava la vittima, mentre stava cercando di raggiungere al più presto il luogo dell'incendio. La duplice questione controversa riguarda l'attribuzione dello status di “vittima del dovere” o di soggetto equiparato, in relazione alla dinamica e alle modalità in cui si è verificato l'incidente, e l'individuazione dei criteri per la determinazione del beneficio assistenziale spettante alla vittima o ai suoi eredi.

Occorre ricordare, in proposito, che l'articolo 1, comma 563 e seguenti della legge 266/2005 definisce vittime del dovere i soggetti indicati nell'articolo 3 della legge 466/1980 (personale di polizia e di sicurezza, tra cui i vigili del fuoco) e gli altri pubblici dipendenti che abbiano subito un'invalidità permanente in attività di servizio o nell'espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi nel contrasto alla criminalità, nei servizi di ordine pubblico, in operazioni di soccorso o di tutela della pubblica incolumità.

Le sezioni unite, quanto al primo aspetto della questione, rilevano che le provvidenze collegate allo status di vittime del dovere fondano un diritto soggettivo a favore dei destinatari, dal momento che tale diritto non rientra nell'ambito di quelli inerenti il rapporto di lavoro subordinato dei dipendenti pubblici, essendo esteso anche a coloro che non abbiano un tale rapporto con l'Amministrazione e abbiano comunque svolto un servizio (natura assistenziale dei benefici).

Circa poi l'altro tema controverso, relativo all'ammontare dell'assegno vitalizio da attribuire alle vittime del dovere e ai soggetti equiparati, le sezioni unite, non senza ricordare la novità e la rilevante importanza di tale questione, confrontano la disciplina del beneficio in parola con le misure che spettano a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata (di cui all'articolo 2 della legge 407/1998), ricordando come ad opera dell'articolo 4, comma 238, della legge 350/2003, per questi ultimi soggetti, il beneficio sia stato praticamente raddoppiato nel suo importo (da 258,23 a 500 euro).

Il regolamento di attuazione della normativa in materia di vittime del dovere (Dpr 243/2006) all'articolo 4 aveva tuttavia confermato la misura di 258,23 euro per l'assegno vitalizio, nonostante il chiaro raccordo della normativa in questione con la disciplina prevista per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, in fondo di natura omogenea e dettata dallo stesso spirito solidaristico e assistenziale.

Sul punto la Cassazione rileva come nei fatti si sia determinata una sostanziale differenza di trattamento tra le due categorie di vittime. Per ovviare a tale situazione due sono le sponde su cui poggiare. Da una parte, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che, con un orientamento consolidato a partire dalla sentenza della Sezione IV, numero 6156/2013, e fatto proprio dalla giurisprudenza successiva amministrativa e ordinaria, ha già per tempo segnalato la necessità di considerare la misura dell'assegno fissata dal Regolamento non in modo statico, fisso e cristallizzato, in quanto sarebbe stato ingiusto escludere dal raddoppio dell'ammontare la categoria delle vittime del dovere.

Per altro verso, anche lo stesso legislatore ha mostrato, sia pure indirettamente, di voler aderire a questo principio, avendo previsto l'attribuzione, ai figli maggiorenni delle vittime del dovere, di un assegno vitalizio mensile pari ad euro 500 (si veda l’articolo 2, commi 105 e seguenti della legge 244/2007).

Alle sezioni unite, per evitare un'ulteriore disparità di trattamento, francamente assurda, anche tra vittime del dovere e figli maggiorenni delle stesse vittime non rimane altro che adottare un'interpretazione della normativa finalizzata all'effettiva equiparazione dei trattamenti di tutte le vittime.

Ha così potuto affermare il principio per cui l'ammontare dell'assegno vitalizio mensile previsto in favore delle vittime del dovere è uguale a quello previsto per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, alla luce delle finalità perequative che caratterizzano tali interventi normativi ed essendo tale interpretazione l'unica conforme ai principi di razionalità e di equità previsti dall'articolo 3 della Costituzione così come testimoniato e confermato anche dalla costante giurisprudenza ordinaria e amministrativa in tema.

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