Contenzioso

Niente licenziamento se il trasferimento è precostituito

di Giuseppe Bulgarini d’Elci

È illegittimo i l licenziamento intimato alla lavoratrice che, al rientro dal periodo di maternità, si è rifiutata di riprendere servizio in una sede differente, allorché presso la sede di provenienza il datore di lavoro ha assunto a tempo indeterminato, per il disimpegno delle stesse mansioni, un altro dipendente.

La Corte di cassazione ha espresso questo principio con la sentenza 3052/2017 , nella quale ha rimarcato che è illegittimo il trasferimento di sede disposto nei confronti della lavoratrice al rientro dalla maternità, se il posto di lavoro ricoperto prima dell’astensione obbligatoria era ancora disponibile, sia pure con nuove caratteristiche per effetto di una intervenuta riorganizzazione aziendale.

Il caso sottoposto alla Suprema corte è relativo alla responsabile del punto vendita di Firenze di una società attiva nel settore retail, la quale, al rientro in servizio dopo un periodo di assenza per maternità seguito dall’obbligo di smaltire le ferie arretrate, è stata trasferita a Milano.

Durante il periodo di astensione per maternità, la società ha assunto un nuovo responsabile per il punto vendita di Firenze a tempo indeterminato, peraltro con un livello di inquadramento più basso. Un mese prima del programmato rientro in servizio della dipendente titolare del ruolo, la società ha attribuito al nuovo assunto anche la gestione dei punti vendita di Pisa e Siena. Sulla scorta di questa riorganizzazione, la società ha sostenuto la soppressione del vecchio ruolo ricoperto dalla lavoratrice in maternità e la conseguente necessità del suo trasferimento. Posta di fronte al rifiuto della dipendente, la società ne ha disposto il licenziamento.

La Cassazione, ricollegandosi alle valutazioni espresse dalla Corte territoriale, ha ritenuto che il comportamento complessivo della società fosse preordinato alla espulsione della dipendente e non, invece, motivato da un corretto esercizio del potere di trasferimento. Pur a fronte dell’invocata riorganizzazione, osserva la Suprema corte, la posizione di responsabile del punto vendita di Firenze, contestualmente a quelli di Siena e Pisa, avrebbe dovuto essere correttamente assegnato alla dipendente al rientro dalla maternità, in quanto ella possedeva competenze professionali non inferiori a quelle del lavoratore chiamato a sostituirla durante il periodo di maternità.

Sulla scorta di queste argomentazioni, la Cassazione conclude osservando che legittimamente la lavoratrice, in virtù del principio civilistico per cui il contraente può rifiutarsi di adempiere la propria obbligazione se la controparte contrattuale risulta inadempiente ai propri obblighi, ha omesso di riprendere servizio nella nuova sede di lavoro.

Il licenziamento risulta, pertanto, illegittimo, con conseguente diritto alla reintegrazione in base all’articolo 18 dello statuto dei lavoratori.

La sentenza 3052/2017

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