Contenzioso

Contestazione dopo le verifiche

di Giuseppe Bulgarini d’Elci

Anche in presenza di una disposizione del contratto collettivo nazionale di lavoro che stabilisca un termine massimo per l’avvio della contestazione di addebiti, il principio di tempestività va inteso in senso relativo.

Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza 50/2017 , affermando che la tempestività della contestazione disciplinare va valutata non con riguardo all’astratta conoscibilità del comportamento inadempiente del lavoratore, ma in relazione alla successiva conoscenza acquisita in concreto dopo i necessari accertamenti istruttori. Ciò, ad avviso della Corte, non solo in virtù dei generali canoni previsti dall’ articolo 7 della legge 300/1970 , che impongono di dare impulso al procedimento disciplinare in tempi ravvicinati rispetto al compimento delle singole infrazioni da parte del dipendente, ma anche quando il contratto collettivo prevede un termine massimo.

Il caso esaminato dalla Cassazione è relativo al licenziamento di un dipendente di un’azienda di trasporti che ha utilizzato illecitamente 238 biglietti per rivenderli od ottenere rimborsi ingiustificati. Il lavoratore ha impugnato la sentenza della Corte d’appello di Ancona - che ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa - sul presupposto che al procedimento disciplinare è stato dato impulso ben oltre 60 giorni previsti dal contratto collettivo, dopo che la commissione d’inchiesta incaricata dall’azienda ha terminato l’indagine.

La Suprema corte ha respinto le argomentazioni proposte dal lavoratore e ha osservato che la decorrenza del termine di 60 giorni deve essere riferita al momento in cui si sono conclusi i lavori di una seconda commissione d’inchiesta. A tale proposito, la Cassazione afferma che, anche con riferimento al termine contrattuale per l’inizio del procedimento disciplinare, il concetto di tempestività della contestazione di addebiti va inteso in senso relativo e non assoluto. Ovverosia, precisa la Suprema corte, non con riferimento all’epoca dell’astratta conoscibilità dell’infrazione, bensì al momento successivo in cui il datore di lavoro, a seguito degli accertamenti istruttori necessari, ne abbia acquisito una complessiva conoscenza.

La pronuncia della Cassazione ha un suo oggettivo spessore, in quanto sull’applicazione del principio di tempestività dell’azione disciplinare in presenza di un termine fisso previsto dal contratto collettivo si sono registrate interpretazioni non uniformi.

Secondo un orientamento della giurisprudenza di merito, il decorso del termine contrattuale si ha dalla prima conoscenza del fatto da parte della pubblica amministrazione (si veda il Quotidiano del Lavoro dell’11 novembre). L’interpretazione oggi offerta dalla Cassazione appare più dinamica e in linea con i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità sul concetto di tempestività dell’azione disciplinare.

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