Contenzioso

Invalidità civile, per la Cassazione via dal reddito gli oneri deducibili

di Silvano Imbriaci

A fronte di un orientamento mai troppo enunciato espressamente, e comunque oggetto di alcune oscillazioni, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione con la pronuncia n. 21529/2016 ribadisce e chiarisce quale sia il reddito da prendere a riferimento per la verifica reddituale nel caso di prestazioni di invalidità civile la cui erogazione sia-appunto- legata al rispetto di alcuni limiti reddituali.

Posto che l'art. 14 septies del d.l. n. 633/1979 (conv. in l. n. 33/1980) prevede che il reddito da considerare in materia di prestazioni di invalidità civile è quello calcolato agli effetti Irpef, occorre verificare se tale reddito sia quello imponibile (individuato nella base imponibile da assoggettare a tassazione ai fini IRPEF ex art. 3 d.p.r. n. 917/1986, ossia al netto degli oneri deducibili indicati nell'art. 10 del TUIR quali spese mediche, assegni periodici al coniuge legalmente separato, contribuzione di previdenza ed assistenza); o se invece debba essere individuato nel reddito lordo, ossia comprensivo di tali oneri.

Occorre peraltro ricordare che comunque il limite di reddito per l'erogazione delle prestazioni in parola è calcolato senza tener conto del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte e che l'art. 26 della l. n. 153/1969 (cui rimanda la normativa in materia di prestazioni di invalidità civile) fa riferimento al reddito assoggettabile all'imposta sul reddito delle persone fisiche, con esclusione di assegni familiari e casa di abitazione.

Così ricostruito il quadro normativo, la Sezione Lavoro riconosce che sul punto vi sono due orientamenti contrastanti. Il primo riferibile a Cass. n. 4158/2001 e ord. n. 11582/2015, a favore della prima soluzione. L'altro, espresso da Cass. n. 4223/2012, secondo cui in materia di pensione di inabilità civile, ai fini della determinazione del requisito reddituale che influisce, ai sensi dell'art. 12 della legge n. 118 del 1971, sul riconoscimento del diritto alla prestazione, devono essere computati tutti gli importi assoggettabili ad Irpef e non solo quelli in concreto assoggettati all'imposta, con la conseguenza che, ai sensi dell'art. 14 septies cit., devono essere considerate anche le somme pagate a titolo di spese mediche per i portatori di handicap, trattandosi di oneri deducibili, che integrano il reddito assoggettabile all'Irpef.

Tuttavia la Sezione Lavoro del 2016 segue una linea interpretativa diversa, basata prima di tutto sulla lettera delle norme interessate, come ad esempio l'art. 26 cit. che espressamente esclude dal reddito computabile gli assegni familiari e il reddito della casa di abitazione. Tale circostanza è decisiva, in quanto spia dell'atteggiamento del legislatore verso questo tipo di prestazioni a carattere assistenziale. E', infatti, in piena sintonia con l'esigenza di garantire il sostegno a fronte di una situazione di bisogno, l'esclusione dal computo dei redditi di quelli dei quali il destinatario della tutela non abbia effettiva contezza e disponibilità.

Laddove invece si considerasse il reddito al lordo, si aprirebbe la porta ad una valutazione astratta non rispondente alle reali esigenze di tutela in concreto rappresentate dal soggetto assistibile. Dunque, il limite di reddito per il conseguimento del diritto alla pensione di inabilità civile (art. 12 l. n. 118/1971) deve essere calcolato con riferimento alla base imponibile ai fini IRPEF, al netto degli oneri deducibili indicati nell'art. 10 del TUIR. In questo trova conferma il meccanismo di inclusione nel computo del reddito anche di somme esenti da imposta. Tale effetto si verifica solo dove la legge espressamente lo imponga, come accade con riguardo ai limiti di reddito previsti per l'assegno sociale (art. 3, comma 6, l. n. 335/1995) dove concorrono alla formazione del reddito i redditi di qualsiasi natura, al netto dell'imposizione fiscale e contributiva, ivi compresi quelli già oggetto di ritenute alla fonte.
La tesi interpretativa che intende il concetto di reddito ai fini della verifica dei limiti, al lordo delle imposte sul reddito e compresi gli oneri deducibili (quindi la tesi contraria a quella indicata in questa sentenza), muove da un'indicazione normativa ambigua.

L'art. 26 della legge n. 153/1969, infatti, come abbiamo visto, fa riferimento al reddito assoggettabile all'imposta sul reddito delle persone fisiche, volendo quindi far presumere, nella ricostruzione offerta da questa tesi, che il computo debba essere fatto con l'integrazione degli oneri deducibili (ossia cronologicamente prima del loro scomputo). Tuttavia, secondo la Cassazione, tale interpretazione non è corretta, alla luce di quanto prima affermato. Il riferimento ai redditi assoggettabili non individua l'aspetto quantitativo del reddito, ma solo la natura qualitativa del cespite patrimonmiale, ossia la sua semplice assoggettabilità in astratto all'imposta.

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