Contenzioso

Superstiti aventi diritto ed eredi in ambito previdenziale

di Silvano Imbriaci

Il vicenda in esama riguarda una questione in apparenza limitata quanto alla sua applicazione, ossia l'ambito di applicazione dei benefici previdenziali di cui alla legge n. 96/1955 e n. 932/1980 per i perseguitati per motivi razziali; ciò non impedisce tuttavia alla Corte di Cassazione 6 ottobre 2016, n. 20054 una riflessione su un tema più generale, quale quello della corrispondenza, in ambito previdenziale, della figura dei superstiti aventi diritto rispetto a quella più genericamente intesa degli eredi.

Nel caso di specie a fronte del provvedimento con cui la Commissione per i Perseguitati Politici e Razziali (ex art. 8 l. n. 96/1955) aveva riconosciuto alla defunta/dante causa il diritto a beneficiare della contribuzione figurativa per il periodo della persecuzione razziale (1938/1945), la sua sorella aveva chiesto la riliquidazione dei ratei di pensione maturati e non riscossi dalla dante causa con applicazione dei benefici, domanda che poi era stata fatta propria dagli altri eredi dell'istante nel frattempo deceduta.

I benefici di cui trattasi sono contemplati dall'art. 5 della legge n. 96/1955 (come modificato dall'art. 2 della legge n. 932/1980) e consistono nell'attribuzione del diritto a contribuzione figurativa per i periodi scoperti da contribuzione a partire dal primo atto persecutorio e fino al 25 aprile 1945, rinviando per la ricostituzione del trattamento pensionistico alla l. n. 36/1974.

Il procedimento si articola dunque in due fasi: riconoscimento dello status di perseguitato per motivo razziale e/o politico e successivamente valutazione dell'accesso alla contribuzione figurativa accordata ai fini del trattamento pensionistico. Ciò a dire che comunque l'INPS conserva, anche a fronte del riconoscimento dello status da parte della Commissione, il compito di valutare la sussistenza dei requisiti generali richiesti per l'attribuzione del beneficio stesso. Ed è qui il punto di interesse rispetto alle situazioni analoghe che si verificano in tema di riliquidazione delle pensioni e contribuzione figurativa.

Secondo l'art. 8 della legge n. 36/1974 (rapporto di lavoro dei lavoratori perseguitati) i contributi versati a favore degli assicurati oggetto di atti persecutori accertati sono equiparati a tutti gli effetti ai contributi obbligatori che sarebbero stati versati nel caso in cui non fosse intervenuta la risoluzione del rapporto di lavoro. Quando si riferiscano a periodi pregressi, danno diritto, a domanda, alla riliquidazione delle prestazioni previdenziali in godimento dell'assicurato o dei suoi superstiti dalla data di decorrenza delle prestazioni stesse; quando si riferiscano a periodi successivi alla decorrenza delle prestazioni in atto danno diritto a supplementi o maggiorazioni delle prestazioni stesse, secondo le norme vigenti per ciascun fondo o cassa.

La Corte deve quindi valutare se il riferimento ai superstiti sia equivalente a quello previsto nel caso di pensione di reversibilità (art. 13 r.d.l. n. 636/1939) ossia limitato al coniuge, figli minori e maggiorenni inabili al lavoro a carico del de cuius o debba invece farsi riferimento alla categoria degli eredi in generale.

Secondo la sentenza in commento (n. 20054/2016), deve essere privilegiata una interpretazione restrittiva: tutte le volte in cui nell'ordinamento previdenziale si parla di superstiti aventi diritto, la locuzione deve essere intesa nel senso indicato dalla normativa in materia di reversibilità (r.d.l. n. 636/1939), con esclusione dunque di tutti gli eredi che non possano in astratto essere titolari di pensione di reversibilità.

Quindi il rapporto di parentela fratello/sorella non costituisce titolo per richiedere la riliquidazione della pensione mediante l'accredito della contribuzione figurativa, anche in presenza del riconoscimento dello status di perseguitato nella persona del titolare dante causa.

Secondo la Sezione Lavoro, peraltro, tale interpretazione appare più rispettosa della ratio della tutela accordata in ragione delle persecuzioni razziali e/o politiche. Limitare gli effetti dell'accredito della contribuzione figurativa ai superstiti, infatti, significa individuare quei soggetti che molto probabilmente hanno maggiormente risentito (naturalmente oltre al diretto interessato) degli effetti preclusivi derivanti dalla persecuzione, ed evitare che possano invece beneficiarne soggetti che pur rivestendo formalmente la qualifica di eredi in realtà abbiano un legame parentale più tenue (senza distinzione di linea) o si trovino in taluni casi anche in una situazione di sostanziale estraneità rispetto al defunto (ad es. lo Stato, in mancanza di altri eredi).

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