Contenzioso

Gestione di attività immobiliari: la mera riscossione dei canoni non comporta l'obbligo contributivo

di Silvano Imbriaci

Con le sentenze 25 agosto 2016, n. 17328 (rel. Berrino) e 26 agosto 2016, n. 17370 (rel. Cavallaro), la Sezione Lavoro della Cassazione sembra voler annunciare, in modo probabilmente definitivo, la sorte delle numerose controversie che negli ultimi anni hanno coinvolto l'INPS in merito ai provvedimenti di iscrizione alla Gestione Commercianti dei soci di società che svolgono attività di gestione di immobili (solitamente nella forma di affidamento dei beni in locazione e riscossione dei relativi canoni).
La questione, che riguarda un grosso numero di contribuenti, deriva in sostanza dalla diversa valutazione dell'attività di gestione degli immobili quando questa sia attuata da una società che, secondo le norme del codice civile, riveste la qualità di società commerciale. Secondo l'INPS, infatti, i soci responsabili, proprio per l'uso del tipo sociale commerciale, unitamente ad altri elementi quali la ridotta presenza di personale dipendente o lo svolgimento in proprio dell'attività necessaria alla conduzione della società, anche quando l'oggetto di questa si limiti alla mera riscossione dei canoni, sono tenuti ad iscriversi obbligatoriamente alla gestione commercianti INPS, trattandosi di attività lavorativa che rientra nell'ambito di quella descritta dall'art. 1, comma 203, l. n. 662/1996 (trattandosi di lavoro aziendale non esecutivo, ma organizzativo e direttivo, e comunque inserito nel ciclo produttivo dell'attività di impresa).
A questo poi deve aggiungersi, secondo la ricostruzione dell'ente, il contenuto delle dichiarazioni fiscali e il godimento di reddito d'impresa derivante da detta attività. La tesi opposta invece esclude che dal mero godimento di immobili (nella forma di riscossione di canoni locatizi) possa derivare l'obbligo assicurativo, essendo necessario lo svolgimento di un'attività ulteriore a titolo commerciale e tipicamente aziendale.
La Cassazione scioglie il nodo interpretativo, aggiungendo qualche (scarso) elemento alla soluzione che era già stata accennata (sia pure in modo sintetico) con l'ordinanza n. 3145/2013, che aveva negato la natura di attività d'impresa alla riscossione dei canoni di locazione.
Nelle due sentenze (la prima relativa ad un socio accomandatario di sas e la seconda riguardante un socio di una società in nome collettivo), la Cassazione conferma il proprio punto di vista, e ritiene che non possa desumersi la presenza di attività commerciale sulla base dei soli elementi presuntivi evidenziati dall'Istituto. Il presupposto per la ricorrenza dell'obbligo contributivo è costituito dalla presenza di un esercizio commerciale e dalla gestione di questo in qualità di titolare o di socio responsabile (tralasciando l'ipotesi del coadiuvante o del socio di srl); secondo la prima delle due pronunce (Cass. n. 17328/2016), in verità più sintetica, la mera riscossione di canoni di locazione quando non sia accompagnata dallo svolgimento di attività di intermediazione immobiliare o di prestazione di servizi a favore di terzi, non costituisce attività commerciale, a prescindere da ogni valutazione circa l'abitualità e la prevalenza.
La sentenza più recente (Cass. n. 17370/2016) fornisce qualche indicazione in più, pur giungendo allo stesso risultato: l'iscrizione è da escludersi sia perché la riscossione di canoni di un immobile affittato non costituisce di norma attività d'impresa, indipendentemente dal fatto che ad esercitarla sia un'attività commerciale; sia perché l'eventuale impiego dello schema societario tipico delle attività commerciali per lo svolgimento di un'attività di mero godimento, pur in contrasto con l'art. 2248 c.c., non trova quale sanzione l'obbligo contributivo a carico dei soci responsabili, in quanto difettano comunque i presupposti per l'iscrizione alla gestione dettati dall'art. 1, comma 203 cit. In altre parole, la Cassazione riporta la discussione sul terreno pratico e non teorico. Non bastano gli indizi della natura commerciale dell'attività (forma societaria, personale dipendente ridotto o assente, dichiarazioni fiscali, reddito, ruolo organizzativo e di responsabilità); è necessaria la prova di un quid pluris, rappresentato ad esempio dall'assunzione di un ruolo attivo di intermediazione immobiliare, dalla predisposizione e dal conferimento di servizi a terzi o comunque da un'attività ulteriore rispetto alla riscossione dei canoni. Sarà dunque onere dell'ente far emergere questa ulteriore attività, anche in relazione al fatto che dal ragionamento della Corte non sembra definitivamente chiara la rilevanza, sotto il profilo commerciale, delle attività di contorno propedeutiche e/o necessarie per la regolare riscossione dei canoni stessi (rapporti con gli istituti di credito, o con le controparti contrattuali).

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