Contenzioso

Lavoro durante la malattia solo se non pregiudica la guarigione

di Giuseppe Bulgarini d'Elci

Lo svolgimento da parte del lavoratore di una diversa attività professionale in favore di terzi durante il periodo di malattia non è vietata in assoluto, ma presuppone che essa non sia pregiudizievole per il pieno recupero delle migliori condizioni di salute del dipendente infermo nel tempo più breve e, quindi, che non si ponga nella prospettiva di poter compromettere o ritardare una piena guarigione.

Per verificare se la prestazione lavorativa resa in favore di terzi durante il periodo di comporto risponde a tali canoni è necessario svolgere un accertamento in concreto, che sia diretto a verificare la natura della patologia sofferta dal lavoratore e il contenuto delle nuove attività professionali rese durante la malattia. Il tutto allo scopo di valutare se tali attività siano compatibili, o meno, con le ridotte condizioni di salute del lavoratore.

Sono queste le conclusioni a cui è pervenuta la Corte di cassazione (sentenza 15989/2016) con riferimento al licenziamento per giusta causa intimato da una società della ristorazione nei confronti di una propria dipendente, la quale durante il periodo di malattia riconducibile ad una sindrome ansioso depressiva aveva svolto mansioni di addetta alle pulizie in favore di un privato.

Mentre in primo grado l'impugnazione della dipendente era stata rigettata, la Corte d'appello di Roma aveva ribaltato la decisione e ritenuto il licenziamento illegittimo, asserendo che l'attività lavorativa domestica resa dalla lavoratrice durante il periodo di malattia non impediva il pieno recupero dell'integrità psicofisica, ma risultava, al contrario, verosimilmente favorevole alla sua ripresa.

La società ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, rimarcando che le conclusioni raggiunte dalla Corte d'appello non erano suffragate da un accertamento in punto di fatto sulle effettive condizioni di infermità in cui versava la lavoratrice e sul tipo di attività alternativa da essa svolta in favore del terzo.

La Cassazione ha condiviso queste censure, osservando che in secondo grado si era pervenuti ad un giudizio di liceità sulle mansioni svolte dalla dipendente presso terzi durante il periodo di comporto senza prima aver verificato la ricorrenza, in concreto, di quelle condizioni in presenza delle quali unicamente non si ricade nel divieto di prestare attività lavorativa durante la malattia.

La Corte ribadisce, in proposito, che solo un accertamento in concreto sulle condizioni effettive di salute del dipendente e sul contenuto della prestazione lavorativa resa in favore di terzi consente di appurare se, da un alto, lo stato di infermità (da cui è derivata l'assenza dal posto di lavoro) non è simulato e, d'altro lato, se non risulta pregiudicata o anche solamente ritardata la guarigione.

Lo svolgimento di un'altra attività lavorativa durante il periodo di assenza per malattia, in altri termini, non è sempre vietato, ma presuppone un rigoroso accertamento volto ad escludere che lo stato di infermità sia fittizio e che la guarigione possa risultate compromessa o ritardata.

La sentenza 15989 della Corte di cassazione

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