Contenzioso

Per i contributi alla Cassa professionale conta la tipologia dell’attività svolta

di Silvano Imbriaci

I redditi soggetti alla contribuzione alla Cassa professionale sono quelli che derivano dall'esercizio non solo dall'attività professionale in senso proprio, ma anche quelli ricavati da prestazioni che abbiano un collegamento con l'attività professionale strettamente intesa.

E' questo il principio affermato dalla sentenza della Sezione Lavoro della Cassazione n. 11013 del 27 maggio u.s., in relazione ad una vicenda riguardante l'iscrizione di un ingegnere all'INARCASSA e all'assoggettamento a contribuzione dei redditi derivanti dalla sua attività di consulente tecnico presso l'Autorità Giudiziaria. Le considerazioni fatte proprie dalla Cassazione sono comunque esportabili, con i dovuti aggiustamenti, a tutte le ipotesi in cui debbano essere valutati i presupposti per il pagamento di contribuzione previdenziale alla Cassa professionale di appartenenza per i redditi derivanti da attività professionale.

Sul punto la Cassazione ha negli ultimi anni mutato il proprio pensiero. In origine infatti, l'orientamento era in senso decisamente più restrittivo (cfr. Cassazione civile, sez. VI, n. 1139/2012 e prima ancora n. 11154/2004 e n. 3468/2005) limitando, attraverso una interpretazione conforme del dato normativo (nel caso degli ingegneri l'art. 21, comma 1 della legge n. 6/1981), l'iscrizione alla Cassa all'esercizio dell'attività professionale strettamente intesa, ossia all'esercizio effettivo della pratica professionale corrispondente all'oggetto della Cassa di riferimento.

Successivamente, con una serie di recenti sentenze (Cass. n. 14684/2012; Cass. n. 9076/2013), la Cassazione ha potuto affermare che la qualificazione della natura professionale dei redditi ricavati dall'attività di un libero professionista è collegata al concetto di esercizio della professione, da interpretarsi però non in senso statico (come nel precedente orientamento) ma in forma dinamica, tenendo conto cioè anche delle mutazioni che l'evoluzione tecnologica (e non) ha portato nell'esercizio delle competenze professionali. In altre parole, negli ultimi anni si è assistito ad un'evidente estensione dell'ambito della professionalità, con occupazione, nei vari settori di riferimento, di una serie di spazi di attività che prima non erano neanche contemplati dalla normativa istitutiva degli albi e degli ordini professionali. Ciò ha implicato, nell'interpretazione della Corte, la riconduzione al concetto di “esercizio della professione” non solo dell'espletamento delle attività tipicamente professionali, riservate ai soggetti iscritti agli albi, ma anche dell'esercizio di attività che pur non professionalmente tipiche, siano comunque collegate significativamente a quelle professionali, nel senso di poter essere esercitate solo con l'utilizzo di quelle competenze tecniche di cui ogni professionista si presume dotato e ordinariamente si avvale nell'esercizio dell'attività professionale.

Il parametro di valutazione dunque slitta dall'esclusivo ed oggettivo esame della natura dell'attività svolta, all'indagine sull'esercizio in concreto –e sotto il profilo soggettivo - delle competenze richieste al professionista per il suo esercizio. Sono escluse dunque dal concetto in questione, tutte quelle attività estranee all'esercizio o utilizzo di competenze professionali, e che non siano in alcun modo riconducibili o contigue rispetto ai contenuti dell'attività propria della libera professione (cfr. quanto affermato dalla Corte Costituzionale – sent. n. 402/1991 – in relazione all'iscrizione alla Cassa di previdenza degli Avvocati).

Secondo questa impostazione che pone al centro la figura del professionista rispetto all'esame neutro della sua attività, il requisito che lega i redditi percepiti all'attività professionale è dunque la spendita delle conoscenze professionali necessaria per il compimento di questa. Una volta ricostruito lo schema astratto di riferimento, è necessario il confronto di questo, da assumere come criterio guida, con le singole fattispecie in concreto.

Nel caso in esame, il ruolo di consulente tecnico del tribunale in materia di infortunistica stradale, oltre ad essere stato attribuito, ovviamente, per la qualifica professionale del soggetto che la riveste, comporta indubbiamente lo svolgimento di attività tipicamente connesse con l'esercizio delle competenze tecniche normalmente richieste ad un ingengnere (planimetrie, calcoli matematici sugli spazi di frenata, punti di impatto e conseguenze sui veicoli ecc…). Sotto questa luce, non si comprende quindi per quale motivo i relativi redditi non debbano essere assoggettati a contribuzione alla Cassa professionale di appartenenza.

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