Contenzioso

Danno biologico, l’indennizzo Inail non valutabile con i criteri ordinari

di Mauro Pizzin

La liquidazione degli indennizzi operata dall'Inail non si effettua secondo i criteri ordinari, ma in base ai parametri, alle tabelle e alle regole proprie stabilite dal sistema assicurativo e per conseguire i fini suoi propri in conformità all'articolo 38 della Costituzione.

Il chiarimento arriva dalla Cassazione, che con la sentenza 8243/16, depositata ieri, ha accolto il ricorso di un lavoratore nei confronti della sentenza emessa dalla Corte d'appello di Torino , pubblicata il 19 gennaio 2012, con cui era stata respinta la sua domanda di riconoscimento di malattia di origine professionale con condanna dell'Inail - che il ricorrente aveva portato in giudizio - a erogargli le prestazioni di cui all'articolo 13 del Decreto legislativo 38/00 in materia di danno biologico.

Il diniego della Corte d'appello partiva dal presupposto che al lavoratore era stato riconosciuto in una precedente causa contro l'ex datore di lavoro per risarcimento danni (avviata il 3 maggio 2005 e conclusa il 27 ottobre 2008) un risarcimento pari al 5% di danno biologico definito sulla base di una consulenza tecnica d'ufficio. Una percentuale, secondo la Corte d'appello di Torino (in primo grado la domanda era stata respinta per prescrizione), inferiore al minimo richiesto ai fini della tutela Inail, fissato al 6% nel comma 3 della Dlgs 38/00, senza contestazione del lavoratore con impugnazione della sentenza o deducendo un aggravamento del danno biologico.

Di segno opposto la decisione della Cassazione, secondo cui non solo risulta dagli atti che nella domanda azionata in giudizio contro l'Inail il ricorrente aveva chiesto la tutela assicurativa di cui all'articolo 13 del Dlgs 38/00, ma, soprattutto, non è corretto affermare che il danno biologico risultante dalla causa risarcitoria contro il datore di lavoro potesse restare ferma nella causa previdenziale e ciò sia perché l'Inail è terza rispetto alla prima causa, sia (e soprattutto) perché la determinazione del danno biologico ai fini della tutela dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali non si effettua con i medesimi criteri valevoli in sede civilistica.

In sede previdenziale – chiariscono sul secondo punto i giudici di legittimità – vanno osservate obbligatoriamente le tabelle della invalidità (nel caso di specie la “tabella delle menomazioni”) di cui al decreto ministeriale 12 luglio 2000 e successivi aggiornamenti, secondo quanto disposto dall'articolo 13 del Dlgs 38/00, mentre ai fini civilistici si utilizzano parametri facoltativi in base a tabelle elaborate dalla comunità scientifica.

Da ciò la decisione della Cassazione di cassare la sentenza e di rinviare la causa in appello con l'indicazione di attenersi ai principi espressi in sede di legittimità.

Sentenza 8243/16 della Corte di cassazione

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