Contenzioso

Il livello contrattuale diverso esclude l’equivalenza delle mansioni

di Massimiliano Biolchini e Lorenzo Zanotti

Al fine di un corretto esercizio dello ius variandi da parte del datore di lavoro - consistente nel potere di modificare unilateralmente le mansioni del dipendente - occorre tenere presente, da un lato, che le mansioni non possono considerarsi equivalenti per il solo fatto di essere riconducibili al medesimo livello di inquadramento contrattuale e, dall'altro, che l'appartenenza delle mansioni a livelli di inquadramento diversi ne esclude a priori l'equivalenza.

Tale duplice principio è stato ribadito dalla Corte di cassazione, con sentenza numero 3485/2016, con riferimento a un episodio di demansionamento verificatosi prima dell'entrata in vigore del nuovo testo dell'articolo 2103 del codice civile, come modificato dal Jobs act (articolo 3 del Dlgs 81/2015).

La vicenda riguardava alcuni lavoratori di un'azienda automobilistica i quali, precedentemente addetti ad attività di produzione caratterizzate da specializzazioni operative e specifiche professionalità e inquadrati nella seconda, terza o quarta categoria del Ccnl metalmeccanici, erano stati successivamente assegnati ad attività di pulizia, queste ultime rientranti nella declaratoria della prima categoria (pur a fronte del mantenimento della medesima retribuzione e livello di inquadramento formale).

A detta dell'azienda, l'assegnazione a mansioni di prima categoria a lavoratori aventi un inquadramento superiore non poteva essere considerata dequalificante per definizione, dovendosi procedere a un confronto sostanziale tra le mansioni svolte in precedenza e le nuove, senza limitarsi a verificarne l'appartenenza a livelli di inquadramento differenti.

Nel rigettare il ricorso dell'azienda e confermare l'avvenuto demansionamento, la Suprema corte ha innanzitutto richiamato il proprio consolidato orientamento secondo cui l'indagine sull'equivalenza delle mansioni (che in base al previgente articolo 2103 del codice civile costituiva condizione di legittimità della variazione delle mansioni) impone di verificare che le nuove mansioni siano aderenti alla specifica competenza maturata dal dipendente, senza limitarsi a un mero vaglio formale circa l'astratta riferibilità delle nuove mansioni al medesimo livello contrattuale.

In altre parole, dunque, non basta che le nuove mansioni appartengano alla stessa declaratoria contrattuale delle precedenti per poter essere considerate equivalenti, ma occorre che le stesse siano tali da salvaguardare il livello professionale acquisito dal lavoratore e da garantire lo svolgimento e l'accrescimento delle sue capacità professionali.

Sotto un differente punto di vista, la Suprema corte ha altresì chiarito come l'adibizione a compiti rientranti nella declaratoria di un livello di inquadramento inferiore costituisca sicuro indice della violazione dell'articolo 2103 del codice civile, vecchia formulazione.

In tali casi, infatti, il mutamento di mansioni non supera neppure la prima verifica formale circa la riconducibilità delle nuove mansioni all'originaria categoria di inquadramento del lavoratore, con la conseguenza che il giudice potrà, per tale sola ragione, ritenere comprovato l'avvenuto demansionamento, senza dover procedere a ulteriori verifiche sostanziali.

In tal modo viene dato pieno rilievo alla contrattazione collettiva, la quale, nell'esercizio della sua autonomia e secondo il libero apprezzamento delle parti sociali, ordinariamente prevede un sistema di classificazione del personale articolato in plurimi livelli di inquadramento, secondo una scala progressiva per qualità delle mansioni e retribuzione corrisposta.

Si può altresì rilevare come l'impostazione offerta dai giudici di legittimità risulti coerente con il nuovo testo dell'articolo 2103 del codice civile introdotto dal Jobs act, il quale prevede, al comma 2, che il datore di lavoro possa demansionare unilateralmente il lavoratore in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione di quest'ultimo, adibendolo a mansioni rientranti nel livello contrattuale inferiore (purché rientranti nella medesima categoria legale).

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